Un vecchio ed arcinoto detto popolare recita che “chi semina vento, raccoglie tempesta”. Non sempre i detti popolari sono impregnati di veridicità, ma questo potremmo connotarlo certamente tra i più attendibili. In quanto donna, e soprattutto per questo motivo, trovo esecrabile la violenza fisica esercitata nei confronti di chiunque e non solo verso la persona del Presidente del Consiglio. Il quale, che piaccia o no, ha comunque diritto al rispetto in quanto persona in vista e in quanto persona anziana. La politica dell’odio fomentata però dagli esponenti del suo partito e da lui stesso alimentata con toni spesso accesi e mai smorzati, peggio, con insulto rivolto non solo agli avversari politici ma a tutta una popolazione, quell’italiana, composta non unicamente dalla classe sociale dei più ricchi ma anche e soprattutto da gente che porta in piazza le proprie ragioni drammatiche quali la perdita del posto di lavoro, il rincaro spaventoso della vita, l’impossibilità di arrivare alla fine del mese, la mancanza di un tetto, non contribuisce, né ha certo finora contribuito ad edulcorare gli animi, bensì ad esacerbarli oltre ogni ragionevole misura. Risuonano ancora nelle nostre orecchie gli epiteti nei confronti dei poliziotti, dei pubblici dipendenti, dei “terroni”. Conserviamo intatto il ricordo di iniziative insultanti e discriminanti quali la distribuzione della “tessera della povertà” ad una fascia della popolazione, quella dei pensionati, che avrebbe diritto, dopo una dura vita di lavoro, al rispetto ed alla conservazione della propria dignità. In questo paese ci sono poveri, ci sono disoccupati, ci sono vecchi, c’è perfino ancora gente che ha combattuto una guerra e l’ha persa e che, agli stenti della guerra, ha opposto il coraggio e la voglia della ricostruzione. Ecco, secondo me, questa fascia della popolazione va rispettata. Anche se è povera. Anche se non evade le tasse. Anche se è nata al Sud. Non ci si può immergere in un bagno di folla essendo consapevoli che il paese è diviso non tanto in due metà, quella del consenso e quella del dissenso (di cui va tenuto conto), quanto da faziosità, animi ostili, guelfi e ghibellini, differenze regionali mai superate e anzi sempre più rilevanti e rilevate. Un gesto come questo, rimane un gesto grave non solo perché espressione di violenza, ma soprattutto perché segnale di un malessere diffuso e serpeggiante che finora è stato sottovalutato, peggio, volutamente ignorato. I toni accesi, le arringhe di parte, gli scontri televisivi fra i governanti ed i loro oppositori, non giovano all’equilibrio di un Paese. Non giovano a mantenere la calma e la tranquillità di un popolo. I ricorsi storici di Giambattista Vico rievocano periodi in cui gli attentati contro le dittature si susseguivano a dismisura a dimostrazione di come il Paese non fosse così compatto come lo descriveva la propaganda. Occorre tener conto delle differenze sociali, delle diversità di pensiero e d’opinione. Occorre saper dialogare, saper mediare, e specialmente da parte di chi riveste un ruolo pubblico di tutto rilievo. Forse quest’”incidente” non è capitato proprio a sproposito, se può indurre alla riflessione ed alla ragionevolezza. Ma è inconcepibile stupirsene solo nel momento in cui il Duomo di Milano, oppure il Colosseo di Roma, per scarsa manutenzione, all’improvviso crolla sulla testa.

Una Donna

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