Stranieri nel proprio Paese

L’Italia è il Paese degli italiani e così dovrebbe essere, ma con una azione precisa e costante nel tempo il potere del Cattolicesimo ha privato gli italiani della loro cultura nazionale ed ha imposto una cultura di tipo religioso ed internazionalista, dove il valore della Patria ha assunto contorni sempre più tenui e sfumati tanto da non essere più un riferimento primario per il nostro popolo.
In Italia vale e conta tutto ciò che è di matrice ‘cattolica’, poiché implicitamente tutto viene consacrato a questo dragone culturale: dalle festività principali alle tradizioni, agli usi ed ai costumi.
Solo quando ci si accorge che una persona non è ‘cattolica’, sebbene nata in Italia, e per questo cittadina in piena regola, allora e solo allora, scatta la reazione che determina il rigetto sociale verso il diverso, l’improprio, poiché considerato incompatibile ed inaccoglibile.
La reazione dell’istinto sociale chiede immediata emarginazione e crea una altrettanto immediata diffidenza, tanto da generare istintivo contrasto.
In conclusione a motivo della pervasiva cultura ‘cattolica romana’ che oggi permea l’intero paese, l’italiano non cattolico è il diverso che deve essere osteggiato, ostacolato ed emarginato.
Dunque italiani di serie “A” i cattolici romani, italiani di serie “B” gli italiani laici, italiani di serie “Infima” i cristiani non cattolici. Pur essendo tutto ciò anticostituzionale, nessun mezzo di comunicazione e nessuna istituzione lo rileva né lo condanna; poiché esso è, in primo luogo, uno stato di fatto ed anche uno stato di forza, davanti al quale lo stato di diritto è assolutamente impotente.
Per vincere questa orribile devianza storica bisogna informare e formare gli italiani affinché in tutti cresca l’amore per la nostra Nazione, che questo spirito cattolico, purtroppo, ha da tempo affossato.
Fare sentire un vero italiano straniero nella propria Nazione, avversato dalle proprie Istituzioni, è un atto di ingiustizia che induce a gridare a Dio, chiedendo un Suo intervento sollecito.
Fare sentire un vero italiano “scaduto” dai suoi diritti nella considerazione della società alla quale appartiene, e che pure ama e difende, è un atto di assoluta immoralità, spesso incentivata dai sacerdoti della cultura del “campanile”, della denominazionalità e, quindi, dell’egoismo.
Molti di noi, onorati e riveriti dalla società nella quale siamo nati, per il solo fatto di avere lasciato il cattolicesimo, per una diversa dottrina cristiana, siamo scaduti nel pubblico ludibrio e nella avversione dei più.
E’ questo il rispetto dell’articolo tre della Costituzione? Infatti, esso chiede una cultura per gli italiani priva delle intolleranze religiose, che oggi così gravemente ci penalizzano.
E’ delitto chiedere il rispetto della dignità dell’uomo e la uguaglianza dei cittadini davanti alle istituzioni? E’ lecito fare intervenire i rappresentanti delle religioni nei comitati etici, culturali, lavorativi, che le istituzioni preparano per guidare il nostro popolo, preferendo l’una denominazione a danno delle altre?
E’ la sistematica violazione della Costituzione che spinge le vittime dell’ingiustizia a gridare al cielo e mostrare alla terra anche il loro pur minimale stato di forza, quando il diritto viene sovvertito ed anche annullato, da chi esercita il potere da centinaia di anni e mediante il quale, ancora oggi, declassa gli onesti cittadini ed impedisce loro il raggiungimento dei riconoscimenti di legge, per organizzare le proprie libere, benefiche, altruistiche e legittime associazioni cristiane.
L’Italia vive sotto il giogo della cultura cattolica romana, spesso viziata dagli antichi spiriti del nepotismo e del cesaropapismo, dove tutto è lecito a chi fa parte della loro vasta famiglia, mentre tutto è impedito a coloro che non ne fanno parte, con più grave danno verso quanti l’hanno abiurata, per motivi di fedeltà ed amore a Cristo.
Nei casi peggiori, in Italia si subisce, per tutto questo, rappresentato in Apocalisse come la donna ebra del sangue dei santi, una impalpabile ma tenace persecuzione, che trova la sua massima tensione verso i cristiani non cattolici.
Noi cristiani non cattolici, che pure ci spieghiamo questa avversione immotivata da alcun fatto, ma pur presente poichè causata da uno spirito anticristiano. Da canto nostro, guidati dallo Spirito Santo, amiamo i cattolici e vorremmo che anche loro rinunciassero a questa deteriorato modo di pensare per rinnovare le loro menti nella volontà di Dio ed acquisire la cultura della Gerusalemme celeste, per vivere tutti nella missione cristiana e non in quella cattolica o in quella evangelica, nè in quella di altre denominazioni.
La cultura del Regno di Dio è inclusivista, tollerante, alla ricerca del bene altrui e comunque alla realizzazione della giustizia in ogni campo, sapendo sempre di essere al servizio del Signore del cielo e di tutta la terra, che remunera il giusto e castiga l’empio, fautore delle ingiustizie.
Alcuni si scoraggiano pensando che ciò è impossibile da realizzare mentre noi vorremmo stimolare la fede e credere che cercare il Regno, ovvero il governo di Dio e la sua giustizia, è il consiglio migliore per vivere in una società condivisibile, che vede in Dio e nel suo aiuto, il solo valore aggiunto che riesce a fare la differenza.
Con Lui siamo più che vincitori e questa sfida può essere iniziata nel nostro tempo poiché molti uomini di buona volontà anelano alla giustizia ed alla cultura cristiano-biblica, che resta la sola in grado di difendere e salvaguardare il tanto ricercato ed agognato valore.
Un pensiero di rimpianto e di grande stima va, infine, a Giovanni Paolo II, “il grande”, il Credente che seppe pentirsi ed avviare il confronto alla ricerca della comunione dei cristiani nella sempre eterna Parola di Dio.
Il Suo cristiano indirizzo stava rompendo questa malefica cultura che risollevatasi, ha trovato, per l’afflizione di molti, un suo nuovo paladino.

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