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È notizia proprio di questi giorni che, per il caso della ThyssenKrupp di Torino, sia stato aperto un fascicolo per responsabilità amministrativa, come previsto dal D.Lgl. 231/01.
Il Decreto Legislativo 231 dell’8 giugno 2001 si inserisce in un discorso generale di Corporate Governance, cioè nel sistema di direzione e controllo di un ente composto da quell’insieme di istruzioni e di regole, giuridiche e tecniche, finalizzate alla realizzazione di un “governo” dell’ente che non sia solo efficace ed efficiente ma anche corretto ai fini della tutela di tutti i soggetti interessati dallo stesso.
L’adozione di un sistema di Corporate Governance, opportunamente inserito negli altri sistemi di gestione, Qualità, Sicurezza e Ambiente, consente di organizzare la struttura interna delle società secondo un sistema articolato ed omogeneo di regole in grado di assicurare l’affidabilità del management e l’equo bilanciamento tra il suo potere e gli interessi degli azionisti.
Le frodi e la corruzione, le ingenti perdite e i fallimenti di gruppi industriali e finanziari, le operazioni di fusione, e via dicendo, hanno evidenziato come sia importante l’adozione, da parte delle stesse imprese, di modelli di gestione atti a garantire la massima trasparenza e correttezza dei comportamenti, tenuto conto degli innumerevoli rapporti di fiducia che esse instaurano con i propri “stakeholder”, sia interni, quali il personale dell’impresa, le persone che hanno un rapporto molto stretto con l’impresa, cioè rappresentanti, agenti, addetti alle reti esclusive di distribuzione e lo stesso management; sia esterni, cioè i fornitori, i clienti, gli investitori, le comunità locali, la Pubblica Amministrazione, i partners, ecc.
Questo peraltro spiega come mai nelle società avanzate non soltanto i Governi, ma anche gli investitori, i consumatori, i media e il pubblico in generale, pongano richieste sempre più elevate sulla performance dell’impresa, attribuendo valore, oltre che al puro risultato economico, ad aspetti quali la qualità, l’immagine, l’affidabilità e la reputazione dell’impresa in termini di responsabilità etica, sociale e ambientale.
Il Decreto Legislativo 231/2001 rappresenta una grande novità per il diritto d’impresa, introducendo la responsabilità amministrativa per le aziende e fornendo i requisiti di legge che un’organizzazione deve attuare e rispettare.
Sovverte il brocardo (sintetica e antica massima giuridica espressa in latino) “societas delinquere non potest” attribuendo al giudice penale la competenza a giudicare, in parallelo, la responsabilità dei soggetti cui è ascritta la commissione del reato e la responsabilità dell’impresa nell’interesse o a vantaggio della quale il reato sarebbe stato commesso.
Il Decreto Legislativo n° 231 recante "Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, della società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n°.300" ha, dunque, introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento la responsabilità degli enti in sede penale, che si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto illecito.
Questo equivale a dire, che oltre alle persone fisiche, gli Enti collettivi rispondono ora in proprio davanti alla giurisdizione penale qualora un dirigente e/o dipendente abbia commesso un reato nell’interesse della Società tra quelli ricompresi in un elenco che viene periodicamente aggiornato e che, a modo di esemplificazione, contiene i reati societari, quelli contro la pubblica amministrazione, le frodi ai danni dello Stato o della UE nonché, e trattasi di recentissima innovazione (27 agosto 2007), i delitti di omicidio e lesioni colpose conseguenti ad infortuni sul lavoro qualora vi sia una corrispondente violazione della disciplina 626/94.
La lista completa dei reati contemplati dal Decreto è la seguente:
- indebita percezione di erogazioni pubbliche;
- truffa in danno dello Stato o di enti pubblici o per il conseguimento di erogazioni pubbliche (es. contributi comunitari, statali, regionali, etc.);
- frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico;
- corruzione per un atto d’ufficio e per un atto contrario ai doveri d’ufficio;
- corruzione in atti giudiziari;
- istigazione alla corruzione;
- concussione;
- falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo;
- false comunicazioni sociali;
- impedito controllo;
- falso in prospetto;
- falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società di revisione;
- indebita restituzione di conferimenti;
- formazione fittizia del capitale;
- indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori;
- illecita influenza sull’assemblea;
- aggiotaggio;
- ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza
Il sistema di controllo introdotto dal decreto può essere gestito alla stregua di altri sistemi di gestione, tipici della Corporate Social Responsibility (es. SA 8000, ISO 14001) o della gestione qualità (es. ISO 9001).
Le aziende, pubbliche o private che siano, che vogliono puntare all’eccellenza soddisfacendo, al tempo stesso, le richieste di consumatori sempre più attenti alla dimensione etica, devono misurarsi, infatti, non solo con la qualità del prodotto – servizio, ma anche con l’impatto ambientale, la soddisfazione del personale e dell’intera collettività: le cosiddette “parti interessate”.
Integrare qualità, ambiente, sicurezza e salute e responsabilità sociale porta l’azienda ad una CSR, ribadita anche in ambito legislativo, sia dall’Unione Europea, sia dal Governo Italiano, proprio tramite il documento di Corporate Social Responsibility emesso dal Ministero del Lavoro.
Tra l'altro, l’art. 6 del Decreto 231 introduce una sorta di esonero da responsabilità dell’azienda se si dimostra, in occasione di un procedimento penale per uno dei reati considerati, di aver adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire i reati considerati.
Il modello assume, quindi, una forte valenza di prevenzione, al pari dei sistemi di certificazione volontari ISO 9001, ISO 14001, SA 8000 e OHSAS 18001.
Utilizzando gli strumenti documentali e di processo previsti dalle certificazioni volontarie, l’azienda può gestire in maniera conforme anche le richieste del DLgs 231. Il decreto, infatti, prevede l’introduzione di un modello organizzativo che può essere integrato nel manuale della qualità, così come l’analisi preliminare per individuare i rischi penali dell’azienda può essere svolta alla stregua delle analisi dei rischi ambientali, della salute e sicurezza e della responsabilità sociale.
Il monitoraggio sui punti di rischio può, poi, avvenire tramite procedure documentate, nelle quali, similmente alle certificazioni volontarie, si definiscono metodi, responsabilità e moduli da compilare.
Il sistema prevede, inoltre, l’istituzione di un organo di controllo interno all’ente (Organo di Vigilanza) con il compito di vigilare sull’applicazione ed efficacia del Modello. Tale organo di controllo indipendente può essere formato anche da auditor qualificati secondo gli schemi ISO 9001, che utilizzano gli stessi principi di conduzione degli audit e rilascio di rapporti finali.
PERCORSO DI IMPLEMENTAZIONE
Ai fini dell’esonero della responsabilità, l’azienda deve intraprendere un percorso di adeguamento alla normativa, che prevede due principali momenti:
- l’adozione e l’efficace attuazione di modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire la commissione degli illeciti penali;
- l’istituzione di un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo e l’effettiva attività di tale organo
A questi può seguire la certificazione da parte di un Ente di Certificazione terzo della componente documentale del modello organizzativo. I modelli di organizzazione, gestione e controllo, sono diretti fondamentalmente a dotare l’ente di un sistema normativo interno finalizzato alla prevenzione dei crimini e devono pertanto essere predisposti avendo riguardo a precisi elementi previsti dall’articolo 6:
- individuazione delle attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
- previsioni di specifici protocolli tesi a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni societarie in relazione ai reati da prevenire;
- individuazione delle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
- previsione di obblighi di informazione nei confronti dell’organismo incaricato di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli;
- introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello
Le due fasi principali attraverso le quali si creano i modelli sono quindi quella dell’identificazione dei rischi e quella della progettazione del sistema di controllo. Nella prima fase si deve analizzare il contesto aziendale per individuare le probabilità e le modalità di commissione dei reati, mentre nella seconda fase si progetta il modello tenendo anche conto degli eventuali strumenti di controllo interni già esistenti.
Un buon modello di organizzazione sarà quello formato dai seguenti componenti:
- codice etico di comportamento con riferimento ai reati considerati;
- adeguato sistema organizzativo interno, chiaro soprattutto per la parte attinente all’attribuzione di responsabilità, alle linee di dipendenza gerarchica e alla descrizione dei compiti;
- predisposizione di procedure manuali e informatiche di controllo con una razionalizzazione dei poteri autorizzativi e di firma;
- adozione di un sistema di controllo di gestione efficace, con l’individuazione di adeguati indicatori di rischio;
- adeguata comunicazione al personale e sua formazione con riferimento particolare al codice etico
È da sottolineare, inoltre, che l’adozione dei modelli di organizzazione e di gestione da parte degli enti non è obbligatoria ma facoltativa. Tuttavia la loro adozione è sicuramente consigliata agli enti, dal momento che la presunzione di responsabilità dell’ente, per il reato commesso da un soggetto in posizione apicale (art. 5), può essere superata solamente dimostrando la validità e l’efficiente attuazione del modello di organizzazione che è stato predisposto.
Ai fini dell’esonero della propria responsabilità, l’ente, ai sensi dell’articolo 6, oltre a dimostrare di aver adottato un valido modello di organizzazione, deve anche provare l’avvenuta costituzione di un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo e che non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte di questo.
L’organismo di controllo è chiamato a svolgere prevalentemente compiti di vigilanza e verifica dell’adeguatezza del modello, analisi sul mantenimento nel tempo dei requisiti di solidità e funzionalità del modello ed eventuali aggiornamenti che si dovessero rendere necessari.
RIASSUMENDO
Proviamo ora a riassumere i tratti principali del Decreto Legislativo:
I principi fondamentali
- Il DLgs. n. 231 del 2001 introduce il concetto di “responsabilità amministrativa” delle aziende per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da soggetti che rivestono una posizione apicale nella struttura dell’ente medesimo ovvero da soggetti sottoposti alla vigilanza di questi ultimi
- Il decreto prevede altresì l’esclusione della responsabilità dell’azienda se essa ha adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati della specie prevista
Le responsabilità
L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da:
- da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
- da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)
L'ente non risponde se:
- l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
- le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione
I modelli di cui alla lettera a), del comma 1, devono rispondere alle seguenti esigenze:
- individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati;
- prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire;
- individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
- prevedere obblighi di informazione nei confronti dell'organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli;
- introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello
L’APPLICAZIONE DEL D.LGS. 231/01
Il 21 marzo 2007 dal Tribunale di Milano è arrivata la prima condanna in applicazione del Decreto Legislativo 231.
IN FUTURO
Attualmente sono allo studio alcuni disegni di legge, in materia penale, che prevedono l’applicazione della responsabilità amministrativa DLgs. 231/2001 ad enti e società.
Si citano, tra quelli di maggiore rilievo:
- il disegno di legge approvato dal Senato il 12 giugno 2007, attualmente all’esame della Camera con il numero progressivo C-2784, che introduce nel nostro ordinamento Disposizioni penali contro il grave sfruttamento dell’attività lavorativa e interventi per contrastare lo sfruttamento di lavoratori irregolarmente presenti sul territorio nazionale
- il disegno di legge C-2692, presentato alla Camera il 22 maggio 2007. Esso, ridisegnando profondamente il quadro delle sanzioni penali che colpiscono i delitti contro l’ambiente, provvede ad inserire nel Dlgs 231/2001 il nuovo articolo 25-quinquies.1-Reati ambientali, in attuazione di quanto ha disposto la lettera d) dell’articolo 11 L.300/2000 di delega
- il comma 3 dell’articolo 63 dello schema di decreto legislativo recante la Attuazione della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. Esso introduce nel Dlgs 231/2001 il nuovo articolo Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita
- il disegno di legge C-2807 – Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno, presentato alla Camera il 19 giugno 2007, che introduce nel Dlgs 231/2001 un articolo atto a sanzionare l’Attentato ad impianti di pubblica utilità, delitti informatici e trattamento illecito di dati
- l’articolo 4 dello schema di disegno di legge recante Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, nonché norme di adeguamento interno, che intende sanzionare anche ai sensi del Dlgs 231/2001 chi induce altri a non rendere dichiarazioni, o a rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità giudiziaria
- la Comunitaria 2007, che intende dare attuazione alla Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato
Potete scaricare il testo della legge dal sito della Camera.
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