CORPUS DOMINI
Alla mensa dell'Eucarestia
NUTRITI DA CRISTO, TONIFICATI NELL'AMORE

L’origine di questa solennità è da considerarsi in connessione con il possente risveglio della devozione eucaristica che dal secolo XII in poi si sviluppò, con un accento particolare sulla presenza reale dell’“intero Cristo” nel pane consacrato, e quindi sulla sua adorazione. Con questo “movimento” eucaristico si collegò un grande desiderio di vedere l’ostia; desiderio che portò tra l’altro alla elevazione dell’ostia dopo la consacrazione e alla processione con il SS. Sacramento. Tutto questo è detto e fatto nel linguaggio della celebrazione che attende di essere costantemente tradotto nell’esistenza.

Furono le visioni di una monaca agostiniana, Giuliana di Liegi, nell’anno 1209, a dare un impulso decisivo all’introduzione di questa festività, che si celebrò per la prima volta nella diocesi di Liegi nel 1247. A Giuliana apparve infatti, più volte, il disco lunare luminoso con una zona oscura: il che le venne spiegato come la mancanza di una festa eucaristica nel ciclo annuale delle altre feste. Nell’anno 1264 il papa Urbano IV, già arcidiacono di Liegi e confessore di Giuliana, la prescrisse per tutta la Chiesa nella bolla Transiturus. Il formulario del Messale tridentino utilizza come letture bibliche 1 Cor 11, 23-29 e Gv 6, 56-59. Le tre orazioni del formulario della messa, rimaste immutate nel Messale del 1970, hanno una presentazione perfettamente unitaria; e se non sono opera di Tommaso d’Aquino ( che avrebbe la paternità esclusiva della Liturgia delle Ore di questa solennità, con i suoi splendidi inni), certamente ne riecheggiano la dottrina riguardante l’Eucaristia. Nella Summa theologica (III, q. 73, a. 4.) egli caratterizza il significato del sacramento eucaristico dal punto di vista del passato come memoriale della Passione di Cristo ( che è un vero sacrificio); dal punto di vista del presente come sacramento dell’unità dei fedeli con Cristo e tra loro; e dal punto di vista del futuro come prefigurazione della fruizione della vita divina nel convito eterno. Questo triplice significato emerge con parole pressoché uguali nelle preghiere presidenziali. La novità del Messale del 1970 appare sopratutto nei prefazi dell’Eucaristia, due a scelta, quello del Giovedì Santo e un altro di nuova composizione. Costituiscono una sintesi riuscita dei diversi aspetti dell’Eucaristia, illustrati dalle letture bibliche, cioè i nove brani distribuiti in tre anni. La solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo sembra un doppione del Giovedì Santo. Infatti, per la sua vicinanza al Venerdì Santo, non permette uno spiegamento di gioia festiva. Tuttavia fare dell’Eucaristia, quale frutto preziosissimo del mistero pasquale, l’oggetto di una rinnovata azione di grazie nel corso dell’anno, sembra conveniente e giustificabile. Per altro questo mistero pasquale, nella sua totalità, è celebrato non una sola volta l’anno, ma tutte le domeniche, senza che appaia giustificata l’obiezione di un doppione. Al tema pasquale rimanda la prima lettura dal Deuteronomio, che offre una riflessione sul cammino del popolo di Dio attraverso il deserto, dove il Signore gli dona la manna, prefigurazione del “pane vivo” di cui parla il brano evangelico, che è un tratto del grande discorso in cui Gesù promette l’Eucaristia. La seconda lettura parla della fede eucaristica della comunità dei Corinzi: il significato dell’avvenimento eucaristico è la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo e la crescita comune come suo corpo. La processione del Corpus Domini che segue non deve porsi in seconda linea. E’ un corteo trionfale, in un giorno solenne, una grande comunità con Cristo e tra di loro. Si tratta della manifestazione della Chiesa come popolo di Dio in cammino verso l’unione eterna con Cristo, e che può superare i molteplici pericoli solo con l’aiuto della presenza del suo Signore.

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