Che i nostri governanti non usano propriamente un linguaggio politically correct è da tempo arcinoto stante le memorabili gaffe compiute a danno della nostra immagine all'estero, di fronte (ma anche in mezzo, a gesticolare) alla Regina Elisabetta oppure ad Obama. Che la classe dei pubblici dipendenti è la più lesa e vilipesa in assoluto è pure cosa nota già dai tempi del fascismo. La marchiatura a fuoco, sulla pelle degli stessi, del termine "fannulloni", era già stata coniata da Mussolini il quale, per coloro che ancora lo ignorassero, soleva farsi un giretto di buon’ora negli uffici pubblici per constatare personalmente chi sarebbe al proprio posto la mattina, e chi no. Brunetta, nei nostri uffici, finora non l'abbiamo mai visto. Certo, io timbro il cartellino molto tardi (alle 7:30 di mattina) però supponevo che un ministro con tutti gli attributi come lui, timbrasse prima di me ed invece, non l'ho mai incontrato nei lunghi e bui e fino a pochi giorni fa gelidi, corridoi del mio augusto Ministero. Di più. Ritenevo, o m'illudevo, che chi fosse giunto a cingere la chioma con la corona d'alloro di Ministro avrebbe usato, particolarmente nei confronti dei propri dipendenti, un linguaggio meno scurrile. Anche in questo, sono stata disattesa. Abbondano, sulla bocca di costoro, non solo i chicchi di riso che si sa, per saggezza popolare, a chi sono destinati, ma anche le volgarità rasentanti l'offesa, a danno e non a guadagno di chi la mattina, che lo neghino o no, a lavorare ci va e non diserta l'aula. "Fannulloni" prima, "Bamboccioni" poi, "Vi faccio un mazzo così" ora, questo Ministro, ma anche chi per lui, non offre un buon esempio di costante presenza, ma neppure dimostra di conoscere il galateo. Si sostiene che chi non sa fare, non sa neppure comandare. Io ci aggiungo un'altra riflessione. Dietro ogni cattivo lavoratore, c'è sempre o quasi, un pessimo datore di lavoro.
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» Quando il mazzo fa rima con palazzo (di Roberta Piferi).
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