Oggi un pasto, perché possa rimanere tra i ricordi piacevoli, deve finire con un dolce. È curioso che, attorno all’anno 1000, fosse il contrario: i banchetti cominciavano con il dolce per poi continuare con il salato. E bisognava arrangiarsi senza zucchero né cacao …
Lo zucchero di barbabietola e il cacao, infatti, arrivarono in Europa solo dopo il 1492, con il viaggio verso le “Indie” di Cristoforo Colombo: prima si utilizzava il miele, affiancato dallo zucchero di canna, il quale arrivò dalle zone arabe come spezia attorno al 900. È facile intuire, quindi, che i dolci fossero molto diversi da quelli con cui oggi concludiamo i nostri pasti: non erano soffici e sapori zuccherosi venivano spesso accostati a salato e agre. Era molto comune l’uso della frutta cotta vicino alla carne, cosa che in effetti si usa ancora oggi nella produzione dolci nei Paesi anglosassoni e scandinavi: le salse a base di frutta erano molto apprezzate.
La scoperta dell’America quindi ebbe una grossa influenza nella produzione dolciaria europea, il che coincide anche all’incirca con l’inizio della redazione di ricettari: nel periodo precedente, fino al 1000-1200, la cucina era nominata più in negativo come peccato di gola che in positivo, e i libri che trattavano argomenti di cucina elencavano per lo più gli ingredienti per condurre una vita sana. Il primo ricettario che risulta essere redatto con indicazioni di ricette vere e proprio, per ironia della sorte, è opera della badessa benedettina Ildegarda di Bingen, e risale al XII secolo.
Andando avanti nel tempo, i ricettari divennero sempre più diffusi, diffondendosi anche l’alfabetizzazione, che prima era cosa rara; inoltre, anche l’avvento della barbabietola da zucchero influenzò non poco la produzione. Infatti, mentre alcuni dolci hanno origini molto antiche – Cicerone cita un “rotolo di pastella di farina, molto dolce, preparato con latte buono da mangiare” che fa pensare ai cannoli alla siciliana – altri nascono dopo l’arrivo di zucchero e cacao.
Da sempre, e ancora di più da quando gli ingredienti iniziarono a dare stimoli nuovi alla fantasia dei cuochi e delle cuoche, la cucina aveva caratteristiche proprie di zona in zona: se a Torino ci si è concentrati con il cioccolato, a Catania granite e cannoli fanno da padroni; i dolci napoletani variano tra i soffici babà e le croccanti sfogliatelle, mentre Verona e Milano si sono consacrate al Natale, l’industria dolciaria di Verona con i pandori e quella milanese con i panettoni.
E quindi vediamo come non solo la zona in sé faccia la differenza, ma questa vada mischiata anche al periodo: mentre capodanno a Napoli è associato agli struffoli e la Pasqua alle pastiere, a Catania le olive di Sant’Agata si trovano solo alla festa della Santa e frappe romane – come i galani veneziani e le chiacchiere napoletane – si trovano solo a carnevale. I dolci tipici pasquali e i dolci natalizi tradizionali sono forse quelli più conosciuti, insieme a quelli di carnevale, a livello nazionale: ma un tour gastronomico è sempre interessante, e bisogna ricordare di farlo in diversi periodi dell’anno per assaggiare tutte le leccornie.
Insomma, si può dire che i dolci abbiano conquistato i palati più esigenti, tanto da giocare un ruolo importantissimo nella buona riuscita di una cena: dopotutto, quello che rimane in mente – e in bocca – è l’ultimo sapore gustato.
A cura di Lia Contesso
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