La battaglia contro i sacchetti di plastica, considerati troppo inquinanti e quindi da eliminare, è iniziata più di tre anni fa e precisamente con la Finanziaria 2007 del Governo Prodi che prevedeva, appunto, l’abolizione delle buste di plastica entro la fine del 2010. Il termine venne però spostato di un anno e fissato al primo gennaio 2011.

Dunque ci siamo, tra poco più di un mese dovremmo dire addio ai vecchi sacchetti di plastica e abituarci a comportamenti più eco-sostenibili. In effetti, stando alle ricerche condotte era ora che si giungesse ad un provvedimento di questo tipo visto che solo in Italia in un anno si producono circa trecentomila tonnellate di sacchetti, pari a circa duecentomila tonnellate di Co2 immesse nell’atmosfera. Il tutto senza contare che mediamente, un sacchetto utilizzato per meno di mezz’ora ci impiega dai 10 ai 20 anni prima di essere smaltito, il che si traduce in circa due milioni di tonnellate di plastica che vanno ad intasare le discariche già piene.
Dati allarmanti che avrebbero dovuto spingere l’Italia a rispettare la scadenza del 2010, ribadita non solo dal comma 1130 della Finanziaria 2007 ma anche dalla direttive comunitaria EN 13432, anche per adeguarsi agli altri paesi europei dove la plastica, ad eccezione di Francia e Gran Bretagna, è già un ricordo.
Di certo non bisogna fare di “tutta l’erba un fascio” visto che ci sono dei Comuni virtuosi che hanno deciso di non aspettare il “la” del Governo e di avviare in autonomia il processo di eliminazione dei sacchetti di plastica, aiutando contemporaneamente i cittadini a metterli al bando. Un esempio è Torino dove l’amministrazione comunale ha firmato in piena autonomia con le associazioni di categoria un protocollo d’intesa con il quale i sacchetti di plastica sono stati messi al bando prima della data stabilita. Un' iniziativa coraggiosa che ha fatto di Torino la città pilota e non ha mancato di suscitare delle reazioni da parte dei produttori delle buste incriminate che si sono addirittura appellati al Tar. Nonostante ciò a Torino già dalla fine di settembre è partita la fase due, con multe salate, pari a circa 250 euro, per tutti coloro sorpresi a consegnare sacchetti di plastica.

E negli altri Comuni e Regioni italiane?
In linea di massima nessuno ha seguito la strada di Torino e in molti stanno attendendo indicazioni da parte del Governo, sperando probabilmente in un’ulteriore proroga dell’entrata in vigore della legge. Da risolvere, infatti, ci sono i problemi legati alle abitudini dei consumatori e alle proposte alternative al vecchio sacchetto.
In molti fanno notare che il sacchetto bio costa di più ed è meno resistente, ma è davvero solo questa la soluzione?
Un esempio virtuoso viene niente di meno che dalla regione più afflitta dal problema rifiuti, la Campania, e precisamente da Caiazzo in provincia di Caserta, dove da tempo si sta portando avanti un progetto, “Città Slow”, con il quale si cerca di promuovere il ritorno alle vecchie sporte, ecologiche e per nulla costose. Ma Caserta non è l’unico esempio campano, visto che anche a Procida si discute della possibilità di bandire, già entro la fine di quest’anno, gli shopper di plastica dagli esercizi commerciali quale utile strumento nell’ambito di un progetto molto più vasto e teso ad affrontare in maniera consapevole il grave problema dello smaltimento dei rifiuti.
Insomma qualcosa comincia a smuoversi anche in Campania, dove il problema dei rifiuti ha sicuramente più eco e dove è nell’interesse stesso delle forze politiche e sociali mettere in atto, quanto prima possibile, tutte quelle misure che potrebbero non solo migliorare la gestione del ciclo dei rifiuti ma anche impiantare nel tessuto sociale dei comportamenti e delle abitudini più virtuose.


Ufficio Stampa

0 commenti:

Posta un commento

 
Top