L'ARTE TRA ZONA D'OMBRA E TERZA POSIZIONE di Ignazio Fresu
SKEDA/SCHEDA
Esiste una zona d’ombra, una sottile linea di demarcazione che a prima vista potrebbe apparire incerta e confusa, dove si collocano molti artisti contemporanei, una terra di nessuno al confine tra quegli artisti legati al mercato e quelli che ne sono esclusi.
La questione tra queste due tipologie dove l’una discredita l’altra, è antica e pone in conflitto due tesi. La prima che considera gli artisti e le loro opere Arte solo se il mercato – attraverso il collezionismo e tutti i suoi veicoli quali i critici, i curatori, le gallerie, i musei e le case d’asta - li decreta tali in qualità di giudice inappellabile. Ed un’altra che invece vede in quegli artisti ignorati dal sistema ufficiale, una pregiudiziale esclusione a causa della loro appartenenza politica, delle loro forme espressive e tecniche esecutive impiegate, ma soprattutto per l’assenza di amicizie qualificate. E, mentre i primi competono per conservare la posizione, gli altri, pur criticando aspramente i primi, in ansia di rivalsa e di rivincita, aspirano ad entrare a far parte di quel sistema di mercato.
In Italia assistiamo in questi anni ad un tentativo di restaurazione storiografica dell’arte, ad un revisionismo critico prepotentemente istituzionalizzato nella gestione del Padiglione Italia della precedente Biennale di Venezia del 2009 curato da Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli e recentemente, con ancora maggiore evidenza, in quest’ultima edizione 2011 di Vittorio Sgarbi dove migliaia di artisti che da sempre si erano sentiti finora ingiustamente esclusi, trovano in questa occasione, interessato sostegno nella speranza di riscatto.
Queste due posizioni descritte, in realtà non sono in antitesi perché in definitiva hanno lo stesso obiettivo: il riconoscimento da parte del mercato dell’arte.
Esiste un’altra condizione in contrapposizione ad entrambe le tesi, una zona d’ombra che non è mai presa in considerazione costituita da quegli artisti che in totale autonomia dal mercato e dal vigente sistema dell’arte, per libera scelta si sono auto esclusi non cercando o impegnandosi con mercanti e gallerie d’arte, mantenendo una sostanziale indipendenza.
C’è chi l’uva cui non arriva la dice acerba, ma anche chi l’uva non vuole.
Ci si domanderà per quale motivo le gallerie d’arte rinuncino ad un potenziale profitto trascurando questi artisti ricalcitranti. In passato è già avvenuto altre volte, ma gli artisti sono poi sempre stati “ricondotti a ragione”. Oggi le gallerie d’arte pongono come requisito principale per investire su un’artista non più le sue opere in quanto tali, ma la volontà dell’artista di appartenere a quel mondo. Metro insindacabile di giudizio, in un mondo sovraffollato di candidati, è la capacità di questi di farsi largo sgomitando e calpestando gli altri artisti concorrenti ed innanzitutto, di aderire incondizionatamente alle esigenze di un mercato che oltre a determinare valore economico, determina anche quello artistico. Condizione imprescindibile alla speculazione è consacrarsi interamente al mercato anche se, come si è visto - o forse proprio per questo - il sistema economico può essere drogato, ne abbiamo avuto recente esperienza con la recessione di questi anni causata dalle speculazioni finanziarie.
Succede che gli unici spazi di emersione - escludendo ovviamente le gallerie affitta-camere e similari che sopravvivono esclusivamente speculando sugli artisti stessi - potrebbero essere quelli messi a disposizione dagli organismi istituzionali. Di fatto le strutture espositive sono economicamente così impoverite che per sopravvivere, la loro gestione è asservita alle regole imposte dal mercato. Le gallerie d’arte usufruiscono degli spazi espositivi pubblici trasformandoli in prestigiose show room dove hanno campo libero per dettare condizioni ed imporre i loro artisti, in cambio di finanziamenti.
Gli artisti che scelgono di non aderire a questo sistema scelgono la loro libertà e la libertà dell'arte. Per un mondo dell'Arte senza zone d'ombra.
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