In Italia il parto cesareo è una pratica molto diffusa, della quale addirittura si abusa; da quanto emerge infatti dalla relazione della Commissione d’inchiesta sugli errori in campo sanitario, il parto cesareo è praticato ben oltre i limiti consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e si aggira all’incirca attorno al 38.8% del numero totale di parti nel nostro Paese.
Tale percentuale, a causa della fondamentale impreparazione strutturale di molte strutture, causa ogni anni un numero considerevole di casi di risarcimento danni malasanità; in particolare al Sud, gli standard professionali e tecnologici di molte strutture pubbliche non sono adeguati ad un intervento di tale complessità, ne deriva quindi un’ impennata dei procedimenti penali nei confronti di medici e ostetrici per lesioni e omicidio colposo.
Secondo l’indagine della Commissione, le tre regioni sul podio di questa lista nera sono il Trentino Alto Adige, la Campania e la Sicilia anche se la lista prosegue poi con regioni più che altro del Sud Italia; addirittura il 70% delle strutture prese in esame sono risultate inadatte a garantire un livello minimo di sicurezza e prive di attrezzature adatte ad una terapia intensiva neonatale. Nel 2011, 500 sono stati i casi di richieste di errore medico risarcimento, risarcimento per malasanità o danno medico che sono stati e sono al vaglio della Commissione. Tra queste, 104 riguardano episodi avvenuti durante il parto, e fra questi, in 79 casi il presunto errore ha causato il decesso del feto o del neonato.
Ma quali sono le caratteristiche che fanno la differenza fra un reparto ben attrezzato ed uno non adatto? Innanzitutto nei casi di parto cesareo, il fattore essenziale per limitare le complicanze ostetriche è la perfetta integrazione fra personale medico e ostetrico, che devono fare un lavoro “d’equipe”, mediante un linguaggio comune e procedure personalizzate in grado di affrontare situazioni d’emergenza. Nello specifico,la sala parto deve essere attrezzata come un vero e proprio pronto soccorso, con personale di guardia in servizio 24 ore su 24, ginecologo, neonatologo e anestesista-rianimatore, in modo da essere preparati a qualsiasi emergenza si possa verificare.
In merito ai rischi che possono insorgere nel neonato, di fondamentale importanza è la figura del neonatologo che collabora con l’ostetrico nel lavoro di equipe, oltre che con l’anestesista e - immediatamente dopo il parto - fa assistenza al neonato.Va tenuto anche presente che, nel caso di gestanti cardiopatiche, è possibile che si verifichi uno scompenso, dovuto al sovraccarico funzionale dell’apparato circolatorio ed in questi casi è necessaria quindi anche la presenza di uno specialista cardiologo.
E’ evidente quindi che la maggiore difficoltà in casi di liquidazione sinistri è quella di comprovare la responsabilità professionale specifica dei soggetti intervenuti al parto: la responsabilità è unica e singolare per il neonatologo tutte le volte che il suo parere è autonomo rispetto a quello di altri specialisti, mentre diventa responsabile penalmente tutta l’equipe nei casi in cui si siano verificati degli errori professionali grossolani non connessi all’attività altamente specialistica del neonatologo.
La difficoltà principale della magistratura in questi casi rimane comunque stabilire il momento preciso in cui si sia verificata la condotto professionalmente inadeguata che abbia causato il decesso della gestante o del neonato o le relative lesioni.
Articolo a cura di Serena Rigato
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