Servono regole e comportamenti nuovi. Più trasparenza e un’assunzione di responsabilità da parte di coloro che “premono” sulle istituzioni. Ecco l’identikit del lobbista nel 2012. Intervento su Panorama Economy di Pier Domenico Garrone, esperto di comunicazione e co-fondatore del blog think-tank sulla comunicazione istituzionale ed economica Il Comunicatore Italiano.
La lettura su qualsiasi vocabolario della definizione di lobby renderebbe giustizia sulla produzione in Italia di senso negativo attorno alla parola. Ecco perché il 2012 sarà l’anno primo. Il governo, coerente con un stile sommesso che punta alla rimessa in bolla del sistema delle relazioni del Paese, è partito dal ministero dell’Agricoltura con l’istituzione di un’Unità della trasparenza, composta da interni ed esterni che devono dimostrare terzietà e vigilare sulla visibilità e trasparenza dei rapporti delle aziende e delle associazioni con il ministro, i sottosegretari e soprattutto con i dirigenti.
Pare definitivamente archiviata «l’epoca del rigatino», ovvero delle vie brevi . E condannata la brutta abitudine degli arruffoni delle relazioni che portava a risolvere il tema del rapporto gratificando un interesse collaterale e indiretto del decisore pubblico, burocrate o politico. Una sana gestione delle lobby riguarda tutti, cittadini compresi. L’applicazione di semplici regole aiuterebbe a ridurre le derive della corruzione e a risolvere il problema del finanziamento occulto alla politica. Riguarda anche e soprattutto gli imprenditori. Il prossimo presidente di Confindustria troverà anche questa sfida: mettere l’Italia alla pari con società più evolute e trasparenti.
Di cosa parliamo? Della necessità di ricreare fiducia e risanare l’attuale reputazione del sistema delle relazioni macchiato da episodi sconvenienti sconfinati in comportamenti penali. Per raggiungere questi obiettivi servono regole e comportamenti nuovi. Ferpi, la federazione dei professionisti della comunicazione, dovrebbe definire un identikit più preciso del lobbista in base alla prevalenza del suo reddito professionale dichiarato per evitare che le istituzioni si trovino a dare ascolto a idraulici che si propongono chirurghi. Le associazioni rappresentanti di interessi imprenditoriali diffusi dovrebbero qualificare i loro rappresentanti presso le istituzioni con mandati in esclusiva, impegnandosi così in una chiara presa di responsabilità. Sono state approvate leggi imbarazzanti di cui nessuno riconosce la paternità. Manca a tutt’oggi una disciplina della visibilità e della trasparenza fra i tre soggetti necessari ad assumere una decisione di interesse pubblico: Stato, interessi organizzati, contro interessi anche non organizzati, per esempio, i cittadini di un territorio.
Una cura ci sarebbe. Raggiunto da una proposta di un «grande interesse», lo Stato dovrebbero renderlo noto indicando chi è autorizzato a trattarlo e chi lo tratta per il «grande interesse». Entrambi dovrebbero poi obbligarsi a confrontarsi pubblicamente con il contro interesse anche non organizzato. Lo Stato, rispetto a un interesse in gioco, è terzo per Costituzione.
In conclusione, il professionista lobbista deve essere stimato perché si gioca la sua credibilità e la sua competenza in trasparenza, se può iscriversi a pubblici registri dove indica il nome del cliente e deposita il mandato che ha ricevuto. Così è l’unico autorizzato a comunicare con lo Stato e lo Stato riconosce solo la comunicazione che proviene da lui. Non deve più esistere, nell’era di twitter, il concetto di segreteria particolare!
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FONTE: Panorama Economy
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