Purtroppo le banche italiane occupano nuovamente le prime pagine dei giornali. Il problema principale riguarda la massa di crediti deteriorati (i cosiddetti non performing loan) iscritti a bilancio, a loro volta determinati dalle difficoltà incontrate dall’economia italiana negli ultimi dieci anni e dal ritmo troppo fiacco della ripresa avviata negli ultimi due anni. Questo ha lentamente ma inesorabilmente eroso la capacità di rimborso del credito delle piccole e medie imprese italiane. Le più danneggiate sono le banche con un forte radicamento sul territorio, tradizionalmente legate allo sviluppo dell’imprenditorialità locale.
Monte dei Paschi di Siena è un istituto di credito di primo piano ma composto da banche con forti legami territoriali e pertanto singolarmente vulnerabile a questa dinamica. A questo stato di cose si somma la disastrosa acquisizione di ABN Amro in Italia da Santander avvenuta per 9 miliardi di euro al culmine della crisi finanziaria, che ha innescato la lenta implosione dell’edificio.

A parte il dibattito di principio sul bail-in avviato con la Commissione europea, e le regole europee che lo disciplinano, non dovremmo dimenticare i singolari intrecci regionali che caratterizzano alcune delle banche italiane in difficoltà e il profondo impatto che il loro fallimento avrà sul tessuto sociale e sull’imprenditoria locale. Certo, è necessario evitare che il sistema sia manipolato da emittenti di credito senza scrupoli e degli azionisti che possono allargare le perdite. Tuttavia è fondamentale che l’impatto reale del bail-in sia giudicato caso per caso. Se le perdite per la società e per il sistema politico e finanziario nel suo complesso sono di gran lunga superiori ai vantaggi che si avrebbero dall’impedire il fallimento di altre banche, l’UE dovrebbe agire di conseguenza.

La Germania con le sue banche regionali avrebbe probabilmente gli stessi problemi che incontra ora l’Italia, salvo che l’economia tedesca è più solida; posso solo immaginare quanto sarebbero applicate severamente le regole in quel caso.

Commento a cura di Cor Dücker, International Business Development Manager in Italia, Kempen Capital Management

Ufficio stampa Kempen Capital Management:
Elena Giffoni 
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