L'artista trae ispirazione dalle fotografie che egli stesso scatta, dai giornali, riviste ecc., comunque da immagini che al di fuori della loro bellezza gli trasmettono delle emozioni.
Falsaci ha tutto un suo modo particolare di dipingere: scompone la figura sulla tela in aree alle quali corrispondono diversi colori, come in un puzzle.
L'effetto è simile a quello della fotografia, ma qui le emozioni e i sentimenti vengono espressi dal colore, di solito forte e vivido, per creare contrasti decisi.
Le opere sembrano illuminate da una luce intensa, quasi irreale.
Falsaci non ritrae i protagonisti dello star-system, come potrebbe sembrare per un moderno ritrattista (troppo facile e scontato), ma personaggi comuni, presentandoceli nella sua personale visione, nella chiave umanistica che lo contraddistingue, dal paesaggio umano a quello naturale, quasi astratto (vedi certe immagini di fiori).
Falsaci gioca con i sensi dello spettatore, sfruttando luci e prospettive, mette in scena la sua anima di artista, a prescindere dal soggetto dipinto, registrando con disinvoltura, oltre alla tecnica, il sentimento e la sensibilità.
Tutti i ritratti di Falsaci sembrano la metafora del suo stato d'animo, le immagini delle sue emozioni.
Sono tutte "storie dal volto umano" dove in ognuna di esse si può facilmente riconsscere il carattere, sia nell'espressione che negli atteggiamenti; una figurazione legata ad immagini che l'artista ama ritrarre anche fotograficamente o tratte da giornali e riviste.
Questi volti sarebbero piaciuti all'amico Andy Warhol, che per le sue imnmagini pop-artistiche usava prima la polaroid, poi la tecnica serigrafica, ma mentre l'artista americano si avvaleva di volti noti (Marilyn Monroe, Liz Taylor o Elvis Presley) e di avare cromie, Falsaci usa immagini di volti sconosciuti in quanto a lui non interessa far risaltare la notorietà ma quello che c'è all'interno di un volto (lo spirito e l'anima del volto stesso), sarebbe sufficiente osservare opere come "Il ricordo di un amore", "La vendetta", "Metropolitana", "Nelll'intimità", "New Generation" o "Pensiero stupendo" per renderci conto di quanto abbiamo detto sull'anonimato dei personaggi che descrive questo artista.
Due cose simili ma fortemente contrastanti; più tecnica e retorica quella di Warhol, più artisticità, personale e introspettica, quella di Falsaci. Mentre Warhol fornisce una forma ai volti noti, Falsaci dipimnge le gioie e le inquietudini dei volti sconosciuti, allo scopo di reinventare una figurazione più "nobile", che oltre alle fattezze ci faccia intuire anche i sentimenti, buoni e cattivi che siano.
L'artista dipinge e sembra voler parlare con i personaggi che disegna, come a cercare di liberare da quelle figure i fantasmi dell'inconscio e convertirli in stimoli per l'osservatore.
Si tratta di un nuovo linguaggio non verbale per arrivare all'anima delle cose, all'essenza della pittura classica in chiave moderna.
In definitiva, mentre Warhol, usando i mezzi della fotografia e della serialità, rende più evidente il senso della perdita di identità (se il volto non fosse noto non comunicherebbe alcuna emozione), Falsaci, usando la pittura e il colore vivo, non si interessa della riconoscibilità del soggetto, ma della sua interiorità.
E' questo il ruolo del vero artista, quello di reinventare cose già esistenti, scavando nel loro più profondo, come un profeta o un veggente.
Eraldo Di Vita

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