Il milanese Celestino Usuelli, primo trasvolatore delle Alpi con il pallone aerostatico Regina Margherita, vi tenne, nella giornata del 29 marzo 1908, una conferenza sui primordi dell’aviazione italiana. I futuristi Filippo Tommaso Marinetti ed Enrico Prampolini vi presentarono, nella serata del 4 novembre 1930, la cerimonia d’apertura dei corsi dell’Istituto fascista di cultura. E sette mesi dopo, il 18 maggio 1931, furono ospiti di un buffet, organizzato dall’aero-pittore bustese Ivanhoé Gambini, con vivande avanguardiste come l’Alfabeto alimentare e il Carneplastico. Il pugile padovano Bruno Bisterzo vi festeggiò, in una nottata del novembre 1940, il suo primo titolo italiano. Grandi attori come Cesco Baseggio, Paola Borboni, Ernesto Calindri, Gino Cervi, Vittorio De Sica, Aldo Fabrizi, Emma Gramatica, Anna Magnani, Ruggero Ruggeri, Raffaele Viviani ed Ermete Zacconi si intrattennero tra le sue pareti, firmando fotografie, sorseggiando spumante e raccogliendo commenti sulle proprie performance teatrali. Ritorna a vivere, dopo più di mezzo secolo di chiusura, il ridotto del teatro Sociale di Busto Arsizio, piccolo gioiello architettonico dagli antichi stucchi in gesso e dalle ampie e luminose vetrate, dotato di terrazza panoramica, che l’architetto milanese Achille Sfondrini, già autore del Carcano di Milano (1872) e del Costanzi di Roma (1880), l’attuale teatro dell’Opera, fece costruire, nel 1891, sopra l’atrio di ingresso della sala teatrale.
Per più di cinquant’anni, fino al periodo immediatamente successivo alla fine della seconda guerra mondiale, in questi spazi, illuminati da una splendida volta a schifo dai toni azzurro cielo, si susseguirono feste, trattenimenti danzanti, fastosi banchetti di matrimonio, incontri, conferenze e serate musicali come quelle, molto applaudite, con l’arpista Luigi Maria Magistretti (24 maggio 1908) e con il soprano bustese Teresa Bulling Basilico (27 settembre 1913).
Il ridotto –lo ricordano alcuni articoli della Cronaca prealpina- fu anche palcoscenico di importanti celebrazioni, come i festeggiamenti per la fine del primo conflitto bellico e la cerimonia commemorativa per la morte del premio Nobel Luigi Pirandello, che si tenne il 24 gennaio 1937 (poco più di un mese dopo la scomparsa dello scrittore siciliano) e che vide anche esibirsi, sul palcoscenico della sala teatrale, la Compagnia per gli spettacoli d’arte, diretta da Marcello Giorda, ne L’uomo, la bestia e la virtù.
Con la fine della seconda guerra mondiale, il teatro Sociale cedette al fascino del cinema e, mentre nella «sala grande» il pubblico accorreva per vedere pellicole come la divertente Due cuori tra le belve con Totò e La collana di perle di Helmut Kautner, il ridotto cambiava destinazione d’uso, diventando «casa da gioco e trattenimenti privati». «Innumerevoli sono gli aneddoti –ricorda Guido Poggi nel libro Del teatro. 150 anni di vita teatrale a Busto Arsizio, pubblicato nel 1991 dagli Amici del liceo- riguardanti facoltosi bustocchi, che in quella sala vi “lasciarono le penne”, malgrado leggendarie vincite nei casinò nazionali».
Tra il 1954 e il 1955, il fiorire sempre maggiore dell’industria cinematografica fece sì che il tema del teatro Sociale venisse ripreso totalmente. Mario Cavallè, l’architetto incaricato del restauro, stravolse ogni preesistenza, lasciando intatti i soli atri, i locali di servizio, il retrostante palcoscenico e i muri perimetrali. La balconata prese il posto dei palchetti. La volta affrescata con disegni di influenza dechirichiana all’epoca del restauro di Antonio Ferrario e Ignazio Gardella, nel 1935, venne ricoperta per migliorare l’acustica della sala. Mentre il ridotto, che da allora non fu più utilizzato, venne notevolmente ridimensionato per far posto alla cabina di proiezione cinematografica.
E’, quindi, un interessante frammento di storia locale quello che l’associazione culturale Educarte ha voluto riportare alla luce, occupandosi dell’intervento di restyling dello spazio, intervento in parte già realizzato grazie al contributo economico della Fondazione Cariplo di Milano e visibile dal pubblico nella serata di giovedì 27 marzo durante la prima nazionale dello spettacolo Karol Wojtyla, di e per la regia di Delia Cajelli. E’, infatti, stato il ridotto, conosciuto anche come salone delle feste, a fare da palcoscenico alla rappresentazione della poesia La cava di pietra del 1956, in cui il futuro papa Giovanni Paolo II ricorda la sua esperienza di spaccapietre nella miniera di Zakrzowek, nei pressi di Cracovia.
L’intervento conservativo, che porta la firma dell’architetto bustese Daniele Geltrudi, intende tenere conto delle scelte strutturali e cromatiche del costruttore e dei vari restauratori che si sono succeduti tra le sale del teatro Sociale; unica novità è l’inserimento al centro della sala centrale di una skenè, ovvero uno spazio scenico a forma di u delimitato da tre pareti. Il nuovo ridotto della sala di piazza Plebiscito, le cui attività dovrebbero prendere avvio il prossimo autunno, è stato, infatti, concepito come una sala teatrale per spettacoli “di nicchia”, a platea mobile, oltre che come spazio per conferenze, presentazioni di libri e mostre.
Per informazioni alla stampa: Ufficio stampa teatro Sociale di Busto Arsizio - Annamaria Sigalotti, piazza Plebiscito 1 – 21052 Busto Arsizio (Varese) tel. 0331.679000, fax. 0331.637289, cell. 347.5776656, e-mail: press@teatrosociale.it.
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