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Lo spettacolo, commissionato da monsignor Claudio Livetti alla regista Delia Cajelli, andrà in scena alle 21 di sabato 28 giugno, a chiusura del programma di eventi organizzato per la festa di San Giovanni Battista, patrono della città di Busto Arsizio. Sul palco saliranno gli attori Valentina Brivio, Ambra Greta Cajelli, Davide De Mercato, Gerry Franceschini, Mario Piciollo e Anita Romano; le parti corali saranno interpretate dagli allievi del secondo e del terzo anno della scuola di recitazione Il metodo.
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Pubblicato nel dicembre 1960 sul settimanale cattolico Znak di Cracovia, con lo pseudonimo di Andrzej Jawień, e rappresentato per la prima volta nel 1979, il dramma La bottega dell’orefice è, nelle stesse parole del suo autore, una «meditazione sul sacramento del matrimonio» in forma di dialogo-monologo, un piccolo trattato sul fidanzamento e sulle nozze, intese come unione eterna e indissolubile capace di prevalere sulla vulnerabilità dei sentimenti umani, sulle difficoltà della vita quotidiana e persino sulla morte.
Il testo -suddiviso in tre atti intitolati rispettivamente I richiami, Lo sposo e I figli- racconta la storia di tre amori e tre matrimoni nel periodo a cavallo tra la seconda guerra mondiale e gli anni Sessanta. Il primo rapporto su cui il futuro papa Giovanni Paolo II si sofferma è quello tra Andrea e Teresa: un sentimento intenso, bruscamente interrotto dalla guerra e capace di oltrepassare la morte, permanendo nel figlio Cristoforo. Il testo passa, quindi, alla narrazione del legame, difficile e problematico, che unisce Stefano e Anna. Il loro matrimonio è minato dall’indifferenza e dall’incomprensione, pervaso da una sottile ostilità che porta la donna a stabilire contatti con altri uomini e a tentare di vendere, inutilmente, la propria fede, per lei simbolo ormai privo di significato. L’ultimo atto –che ritrova in scena tutti i personaggi tranne Andrea, morto in guerra- è, invece, dedicato all’amore, esitante e fragile, tra i figli nati dalle due precedenti coppie: i giovani Monica e Cristoforo. Il loro è un rapporto che germoglia da complessi e incertezze, che porta il peso delle diverse eredità spirituali lasciate loro dai genitori.
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Sul piano formale questo testo, che mostra una straordinaria delicatezza nel raccontare l’innamoramento e i palpiti del cuore, risente dell’esperienza del Teatro rapsodico, fondato negli anni Quaranta, in pieno regime nazista, dal professore Mieczyslaw Kotlarczyk, insegnante di lingua polacca e teorizzatore di una forma di rappresentazione legata al culto della «parola viva», dove si cessava di far uso di sipario e palcoscenico tradizionale, nonché di scene, costumi e trucco, per dare spazio prioritario alle rime e al ritmo di un’opera teatrale. Il testo è, infatti, composto da monologhi pronunciati da persone che in apparenza sono insieme, ma che non si parlano direttamente. La struttura è, dunque, quella del «teatro interiore», dove lo spazio e il tempo vengono trasfigurati in una dimensione metafisica.
«Dal punto di vista della regia –spiega Delia Cajelli- ho scelto di privilegiare la parola, secondo i dettami del Teatro rapsodico. I costumi, la scenografia e le luci saranno semplici, piuttosto scarni, e giocati sulle toni del bianco e del nero, i colori degli abiti nuziali, ma anche le tinte simbolo del bene e del male, del cuore e della mente. Le musiche che accompagneranno lo spettacolo –prosegue la regista bustese- saranno quelle classiche dei matrimoni, dall’Ave Maria di Franz Schubert alla Marcia nuziale, tutte rigorosamente interpretate dal vivo».
L’ingresso è libero e gratuito, offerto alla cittadinanza dall’amministrazione comunale di Busto Arsizio.
Informazioni al pubblico: Il teatro Sociale srl, piazza Plebiscito 1, 21052 Busto Arsizio (Varese), tel. 0331 679000, fax. 0331 637289, info@teatrosociale.it, www.teatrosociale.it
Informazioni alla stampa: Ufficio stampa teatro Sociale di Busto Arsizio - Annamaria Sigalotti, piazza Plebiscito 1 – 21052 Busto Arsizio (Varese) tel. 0331.679000, fax. 0331.637289, cell. 347.5776656, e-mail:press@teatrosociale.it.
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