A dimostrazione del "potere" di internet come attrattore di utenti, una esperta legale nel settore minorile, l'Avv Rita TULELLI, mi ha inviato un interessante articolo "Abitudini e stili di vita degli adolescenti in rapporto all'uso del pc e di internet: caratteristiche e rischi" citato di seguito


Alcune ricerche specifiche sul comportamento degli adolescenti segnalano una diffusione ancora maggiore del PC e di internet. La Società Italiana di Pediatria, nell'ambito del lavoro di ricerca sulle abitudini e gli stili di vita degli adolescenti, ha iniziato ad analizzare a partire dal 1998 il rapporto tra adolescenti e internet, con una particolare attenzione all'utilizzo delle chat-line. I dati sono stati raccolti attraverso indagini effettuate annualmente su un campione nazionale di 1200 studenti di seconda e terza media, mediante la somministrazione, in classe, di questionari a domanda chiusa. Già nel 1998, il 97% degli intervistati dichiarava di sapere cosa fosse internet, mentre ad aver utilizzato “almeno un volta” era il 49% del campione, con una leggera prevalenza dei maschi rispetto alle femmine. Tra gli utilizzatori, il 50% dichiarava di navigare senza la presenza di un adulto (17,5% da solo, 32,5% con amici) e per il 40% uno degli utilizzi principali era “conoscere persone”. Da quel “lontano” 1998 sono cambiate molte cose: dall'indagine del 2004 risulta che oltre l'87% dei dodicenni e tredicenni italiani ha il pc in casa (il 44% ha il pc nella propria camera); il 57,2% naviga abitualmente in internet; il 43,5% chatta abitualmente (nelle grandi città le percentuali sono nettamente maggiori). Tra i navigatori abituali, ad utilizzare internet da 1 a 3 ore al giorno nel 2000 era il 14,8% del campione; nel 2001 il 32,8%. A navigare per più di 3 ore al giorno nel 2000 era il 2,9%, nel 2001, il 3,4%. Tra gli adolescenti che hanno il collegamento ad internet in casa il 71,4% naviga prevalentemente da solo; il 70,9% naviga prevalentemente la sera; il 44,4% chatta con chi capita, senza interessarsi se l'interlocutore sia un coetaneo o un adulto (per quanto in chat sia impossibile essere certi che l'interlocutore sia sincero nel dichiarare la sua età); il 73,5% desidererebbe incontrare le persone conosciute in chat. Questi dati, in linea con quanto indicato da autorevoli fonti di ricerca tracciano un quadro evidente di come internet stia progressivamente prendendo spazio nelle abitudini quotidiane di vita degli adolescenti, avvicinandosi a quel punto di flesso in cui da opportunità positiva potrebbe trasformarsi in fonte di dipendenza. È ormai universalmente riconosciuto che internet al pari di fumo, droga, gioco d'azzardo può determinare dei veri e propri fenomeni di dipendenza: dalla esigenza di assumerne “dosi” sempre maggiori per raggiungere uno stato di soddisfacimento, fino allo stadio in cui il “consumo” non è più vissuto come un momento di piacere ma è l'astinenza a creare disagio. Non a caso negli Stati Uniti, dove internet è un fenomeno di massa già da molti anni, esistono centri di recupero per Internet-dipendenti e Chat-dipendenti in cui si adottano tecniche di disintossicazione concettualmente analoghe a quelle utilizzate alle tradizionali forme di addiction. La dipendenza da internet produce effetti a breve e a lungo termine analoghi a quelli che caratterizzano le altre forme di addiction: disturbi comportamentali, disturbi psicologici e forme di psicosomatizzazione. È quindi importante controllare il comportamento complessivo dei ragazzi per verificare che non vi siano segnali premonitori che possano far pensare ad un inizio di “dipendenza” da internet o a un turbamento prodotto da situazioni o immagini o contatti incontrati durante la navigazione.
I ricercatori hanno individuato una serie di sintomi nel comportamento degli adolescenti che sembrano caratterizzare in modo specifico la dipendenza da internet in particolare:
stanchezza (perdita di sonno);
difficoltà ad alzarsi la mattina;
calo del rendimento scolastico;
modificazione nelle abitudini di vita;
lento ma progressivo allontanamento degli amici;
abbandono progressivo di altre forme di intrattenimento(Tv, lettura gioco etc.);
irascibilità;
disobbedienza e ribellione;
stato di benessere apparente e di serenità quando è al pc.
Tra i fattori che maggiormente conferiscono ad internet una straordinaria capacità seduttiva ci sono il senso di onnipotenza e di libertà che la navigazione nel web produce. Si può diventare internet dipendenti, affascinati dal mero piacere di navigare senza vincoli e senza una meta precisa, o trascinati dalla voglia di acquisire sempre più informazioni e notizie relative a un proprio interesse, sia esso la filatelia, un cantante, un campione sportivo. Ma i contesti che maggiormente rischiano di far scivolare verso la dipendenza sono quelli nei quali si attivano processi di interazione e comunicazione con altri individui: prima tra tutti, i mod e le chat line. Se però i mod (vere e proprie comunità virtuali nelle quali si entra a far parte costruendosi un personaggi presenti) non hanno avuto, in Italia, una grande diffusione, le chat line ospitano ogni giorno centinaia di migliaia di utenti, molti dei quali adolescenti. Ma vediamo quali sono le peculiarità delle chat line che possono far derivare, da un utilizzo eccessivo, vere e proprie forme di dipendenza. La comunicazione via chat è una comunicazione fortemente deduttiva e ciò vale sia per gli adulti che per gli adolescenti, perché soddisfa alcuni bisogni largamente diffusi nella società attuale.
Protetti dall'anonimato (finché si desidera farlo) e rassicurati dal non essere”fisicamente esposti” la chat facilita la confidenza e dà l'opportunità di parlare di sé con molta più libertà di quanto non avvenga nei rapporti interpersonali. Inoltre, mentre un rapporto interpersonale impone la difficile necessità di un confronto e di un reciproco adattamento alle esigenze e alle peculiarità dell'”altro”, né si inventare o concludere un rapporto a proprio esclusivo piacimento, in chat si è liberi di “scomparire”, all'improvviso e per sempre , al primo contrasto. Il serbatoio tendenzialmente infinito di potenziali interlocutori che la chat garantisce consente di creare rapporti “usa e getta”, buoni fin tanto che chi sta dall'altra parte del monitor è in grado di soddisfare le proprie esigenze e aspettative. Queste sono alcune considerazioni di ragazzi e ragazze di seconda e terza media, raccolte durante i focus groups effettuati durante l'indagine su adolescenti e internet della Società Italiana di Pediatria: “in chat si viene capiti”; “ci si può sfogare e parlare dei problemi”; “si trovano persone simpatiche che ti ascoltano e ti apprezzano”; “ci si sente un altra...migliore”; “con quelli della chat non si hanno rotture”; “se non voglio più farmi trovare basta che cambio nick”; “mi piace chattare il brutto è quando devo smettere”; la chat line può arrivare a rappresentare un vero e proprio rifugio: una sorte di liquido amniotico che protegge dalle difficoltà che si possono incontrare nelle relazioni reali, creando una compensazione ed una fonte di riscatto. Il rischio è quello di operare una vera e propria inversione reale/virtuale, e considerando l'ambiente virtuale quello “vero”, gli amici di chat quelli “veri”, confondendo la rappresentazione del proprio io con il proprio io “vero” e regalando la realtà ad ambiente accessorio se non addirittura sgradito. È facile comprendere come sia sempre in agguato il rischio di diventare dipendenti da questo mondo virtuale che ci si crea su misura e come siano propri i soggetti più deboli e con maggiori criticità relazionali ad esserne più esposti. Ma la “dipendenza”
in senso stretto non è il solo rischio. Nonostante la comunicazione in chat abbia come unico supporto la parola scritta ( e quindi verrebbe ad assimilarla più a una lettera o una email che a una vera e propria conversazione), l'interattività la rende di fatto molto più simile ad una comunicazione “vis a vis”. Rispetto a quest'ultima è carente della “visione” dell'interlocutore, ma questa limitazione , anziché far passare in secondo piano l'aspetto fisico, porta paradossalmente, a una sua iperconsiderazione e al rito della descrezione reciproca, che avviene generalmente nelle primissime battute di una conversazione in chat. Molto spesso l'autodescrizione non è, il “come sono”, ma il”come vorrei essere”,con la consapevolezza, naturalmente, di mentire. Ma mentre per un adulto ciò può anche (ma non sempre) essere vissuto come un gioco, per un adolescente, spesso non in armonia con il proprio aspetto fisico, il “sentirsi costretto” a fornire una descrizione fisica di sé differente dalla realtà, per rendersi gradevole all'interlocutore, può essere, alla lunga fonte di frustrazione e di diminuzione dell'autostima e può costituire una ulteriore spinta a voler assomigliare fisicamente a quei “modelli televisivi” che già tanto contribuiscono a far adottare agli adolescenti abitudini alimentari scorrette e a farli sottoporre a dannosissime diete spesso autogestite, che possano condurre a vere e proprie patologie. Sempre dai focus groups nelle scuole medie: “dico che ho i capelli lunghi, così corti come me li fa portare mia madre mi fanno schifo”; “in chat mi chiamo alice e sono bellissima”; “dico che sono alto 1,80 e che faccio pallacanestro”; in chat è molto più facile parlare con una ragazza perchè puoi dire che sei un figo”; “mi descrivo come mia sorella, perchè voglio essere così”. Chattare produce una inevitabile distorsione del tempo. La già ricordata interattività porta ad assimilare questo tipo di comunicazione alle forme di comunicazione verbale e a confrontarle con esse anche in relazione al volume di informazioni trasmesse e ricevute. Nonostante l'interattività, la conversazione in cui i ragazzi si sono scambiati “ tot informazioni”, il tempo trascorso sarà molto maggiore di quanto sarebbe stato se la loro comunicazione fosse avvenuta a voce. Questo però viene percepito dal ragazzo solo “dopo”, quando controlla l'orologio e constata che, come sempre, è stato in chat molto più tempo di quanto non si era, eventualmente, prefisso. Un ulteriore fatto che porta, sia pure inconsapevolmente, a dilatare i tempi di fruizione. Siamo di fronte a un vero e proprio circolo vizioso: quanto più la chat soddisfa il bisogno di comunicazione di un adolescente, tanto più questi è portato a trascorrere in chat più tempo (spesso senza rendersene neanche perfettamente conto), tanto meno diventa il tempo residuo da dedicare ai rapporti interpersonali reali, tanto più questi ultimi rischiano di diventare critici o non soddisfacenti, tanto più appare consolatoria la comunicazione in chat. E il cerchio si chiude.
"I virus della mente che si trasmettono alla velocità del pensiero non sono altro che involucri protettivi per materiale memetico. Questo codice informazionale, entrando a contatto col patrimonio di credenze e idee presente nella mente della gente, tenta in tutti i modi di mescolarsi ad esso, di trasformare l'ospite in una fabbrica di replicazione. Più trova un cervello indebolito e confuso più alta sarà la probabilità che riesca a focalizzare tutta l'attenzione del singolo su di sè. Come nel caso dell'epidemia del Tamagotchi o Virtual Pets, affini, un esempio di contagio particolarmente virulento che si è trasmesso in poco tempo all'intero globo. Paranoie e disordini compulsivi sono stati l'effetto collaterale diffusissimo tra i bambini colpito dal meme. Ma questo non ha avuto molto importanza per i produttori e distributori Nipponici ed Occidentali delle famigerate creaturine digitali: fare soldi è l'unico intento delle grandi compagnie mondiali che piano piano stanno scoprendo il potere del nuovo paradigma darwiniano dell'ingegneria memetica. Capire perchè e come una parte della merce sul mercato si diffonda megli e più velocemente è lo scopo di interi eserciti di pubblicitari che, utilizzando l'approccio del meme, potrebbero ribaltare la prospettiva sul confezionamento di spot e di advertising per conquistare letteralmente il potere su milioni di teste da infettare"

tratto dal libro "Memetica" di Francesco IANNEO
Segnalato da Andrea CANTELMI Esperto di Marketing e Comunicazione

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