Tra le degenerazioni visive che ne danneggiano il funzionamento, la Retinite Pigmentosa è ancora tra le cause principali di cecità nel mondo e solo in Italia affligge circa 30mila persone.
La Diffusione della malattia, secondo le statistiche internazionali, colpisce circa una persona su 4.000 sane e nel nostro paese, dove non mancano i matrimoni tra i consanguinei, l’incidenza di questa patologia ereditaria risulta ancora più elevata, al punto da farla annoverare, dal 1985, tra le malattie sociali della penisola. Molto spesso essa compare tra la pubertà e l’età matura, ma non sono assolutamente rari gli esempi di bambini colpiti nella prima infanzia.
Il Primo Sintomo consiste nella diminuzione della capacità visiva notturna (difficoltà a guidare di sera o a muoversi in locali scarsamente illuminati) fino ad arrivare ad un restringimento del campo visivo periferico (difficoltà a percepire oggetti posti lateralmente o a vedere i gradini scendendo le scale) e, nella fase finale della malattia, in alcuni casi, alla perdita della visione centrale ed alla cecità. Si può accompagnare anche acataratta o sordità, manifestazioni queste legate direttamente alla retinite pigmentosa. La velocità di progressione della malattia e l’età di comparsa dei sintomi variano in relazione a molti fattori tra cui il modello di trasmissione genetico.
A Londra per la prima volta, in un esperimento condotto su topi, un gruppo di ricercatori è riuscito a ripristinare parzialmente la facoltà visiva, trapiantando negli animali cellule precursori della retina.
Gli scienziati non hanno utilizzato cellule staminali, che in precedenza non avevano dato risultati per questo tipo di problema, ma cellule già parzialmente mature, e quindi, già con una destinazione precisa: i fotorecettori.
E’ da tempo che si tenta il trapianto di cellule nella retina per ricostituire coni e bastoncelli, ma finora non c’erano sono stati progressi significativi. Una delle coordinatrici dello studio, la dottoressa Jane Sowden, si è detta sorpresa dei risultati ottenuti: “Abbiamo riscontrato che la retina matura, che finora si credeva non avesse la capacità di rigenerarsi, è invece in grado di sopportare lo sviluppo di nuovi fotorecettori funzionali”, ha spiegato.
I ricercatori guidati da Robin Ali, dell’istituto londinese, hanno invece pensato di trapiantare cellule “semi-adulte”, cioè già abbastanza sviluppate e avviate a diventare cellule della retina, ma senza aver ancora raggiunto lo stadio di maturazione completa. Ha funzionato: trapiantando cellule della retina, gli scienziati hanno ottenuto un miglioramento parziale della funzione visiva nei topi. Le cellule trapiantate hanno ultimato il loro sviluppo trasformandosi in fotorecettori, e si sono integrate nella retina, allacciando contatti con le terminazioni del nervo ottico, diventando così funzionali.
”E’ una ricerca sorprendente, che in futuro potrebbe portare ad un trapianto per curare la cecità nell’uomo”, ha commentato alla Bbc il professor AndrewBrick dell’università di Bristol. Il cammino verso un’applicazione clinica è ancora molto lungo, ma già nel giro di cinque anni si potrebbero avere i primi sviluppi verso un utilizzo di questa nuova procedura anche sull’uomo.
Un’altra ricerca è quella condotta da un’équipe internazionale di scienziati statunitensi e dell’Arabia Saudita. Attraverso la terapia genica i ricercatori, guidati da Kang Zhang, professore di oftalmologia all’Università della California a San Diego e da Fowzan Alkuraya, a capo dell’unità di genetica dello sviluppo al King Faisal Specialist Hospital and Research Center, sono riusciti a ripristinare le capacità visive in animali affetti da retinite pigmentosa.
Dott. Carlo Orione
Medico Oculista
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