Matematico statunitense di Chicago, Edward Oakley Thorp è stato il primo ad ipotizzare che il blackjack, uno dei giochi più famosi da casinò, non fosse solo un gioco legato alla fortuna o alle grazie della dea bendata, ma potesse diventare una vera e propria prova di abilità personale. “Beat the Dealer”, appunto “Batti il Banco”, o in questo caso il croupier, è il libro somma di tutte le sue convinzioni sul fatto che le vincite al blackjack possano essere programmabili con un semplice calcolo matematico.

Allievo prediletto del professor Edward Thorp è Olivier Doria, un passato da studente di matematica e già da tempo impegnato nel cercare di comprendere i meccanismi vincenti per un altro gioco da casinò ancora più famoso, la roulette francese. Accade che nel 1987 Olivier Doria incontri in un caffè di Monte Carlo un gruppo di studenti del Mit per insegnare loro le tecniche di conteggio delle carte tanto decantate dal professor Thorp. E’ l’inizio di una leggenda, è l’inizio della storia di giovani menti che riescono a sbancare i casinò e a racimolare grosse vincite. Soprattutto è la trama di 21, un film di qualche anno dopo (2008) in cui Kevin Spacey, nei panni del severo professor Rosa, guida tra i casinò del Nevada un gruppo di studenti (americani e asiatici) abili nel calcolo delle carte del blackjack.

Il conteggio delle carte al blackjack può avvenire seguendo numerose tecniche, dalle più semplici a quelle più avanzate di calcolo, ed è comunque certo che è necessario possedere una mente veramente sveglia per giustificare un simile modo di giocare. Ma è anche vero che a volte non è solo la capacità matematica o di calcolo a determinare maggiori probabilità di vincita al gioco. Stu Ungar, un giocatore professionista di poker, era considerato un genio nel gioco delle carte, ma la sua vera abilità era il possedere un’incredibile memoria fotografica. Nel 1977 Stu Ungar scommise 100.000 dollari con un proprietario di casinò a Las Vegas, affermando che sarebbe riuscito a ricordare nella mente tutte le carte uscite da un sabot di blackjack composto da ben sei mazzi, e ad indovinare le ultime tre carte. Ungar vinse la scommessa dimostrando anche in questo caso che la vincita al gioco non è solo il semplice colpo di fortuna.

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