Un progetto innovativo dell'Università scozzese di Heriot-Watt
I robot ideati in Scozia lavorano in squadra, come le api, e possono scendere oltre i 200 metri di profondità, al contrario dei sub che adesso svolgono questo compito. Grazie a un database in fase di sviluppo, cercano i frammenti di corallo per rimetterli al loro posto nella barriera.
I robot ideati in Scozia lavorano in squadra, come le api, e possono scendere oltre i 200 metri di profondità, al contrario dei sub che adesso svolgono questo compito. Grazie a un database in fase di sviluppo, cercano i frammenti di corallo per rimetterli al loro posto nella barriera.
Negli ultimi 30 anni, le barriere coralline hanno subito un grave declino, tanto da diventare a rischio di scomparsa nell'arco di pochi decenni. Una recente ricerca dell'Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) ha rivelato che oggi nei Caraibi meno del 10 % della barriera è ancora viva, contro il 50 % degli anni Settanta.
Secondo il World Resources Institute di Washington, se non si ridurranno lo sviluppo costiero e l'impatto della pesca che, assieme ai cambiamenti climatici, rappresentano le principali cause della distruzione di questi ecosistemi sottomarini, nel 2050 tutti i coralli del mondo saranno in pericolo di estinzione.
Secondo il World Resources Institute di Washington, se non si ridurranno lo sviluppo costiero e l'impatto della pesca che, assieme ai cambiamenti climatici, rappresentano le principali cause della distruzione di questi ecosistemi sottomarini, nel 2050 tutti i coralli del mondo saranno in pericolo di estinzione.
Le conseguenze sarebbero devastanti per i circa 275 milioni di abitanti di villaggi costieri: le barriere coralline sono infatti una importante difesa naturale contro l'erosione, le tempeste e le mareggiate, e il loro contributo annuale all'economia (turismo, protezione delle coste, pesca) vale circa 50 milioni di euro.
Su questo scenario così cupo ha aperto uno spiraglio la nuova tecnologia messa a punto nei laboratori dell'Università scozzese di Heriot-Watt. Gli scienziati si sono ispirati alle api e hanno progettato nuovi robot – i coralbot – in grado di riparare le barriere coralline in pochi giorni. La natura impiega anni. I robot lavorano in squadra, proprio come le api, e possono scendere oltre i 200 metri di profondità, al contrario dei sub che adesso svolgono questo compito. La soluzione è innovativa: gli "sciami" di coralbot saranno progettati per cercare i frammenti di corallo e rimetterli al loro posto nella barriera; ma prima di questo, si dovrà arrivare a sviluppare maggiormente la loro capacità di riconoscimento, con la creazione di un database di centinaia di immagini che, in tempo reale, consentano ai robot di distinguere i frammenti di corallo da altri materiali.
"Questo progetto esplora una delle più intriganti prodezze della natura: la teoria dello sciame intelligente", spiega David Corne, docente di Matematica della Heriot-Watt, "un insieme di semplici individualità collabora per costruire strutture complesse e funzionanti". Nel caso dei coralbot, significa che tutti i membri dello "sciame" condividono la stessa conoscenza: quindi, se uno si danneggia, un altro è in grado di sostituirlo.
La prima missione che vedrà l'impiego del coralbot dovrebbe essere effettuata al largo delle coste scozzesi. In queste acque profonde, la minaccia alle barriere coralline è costituita soprattutto dalla pesca a strascico. È dunque un luogo ideale per testare questa nuova tecnologia che potrebbe contribuire a evitare la sparizione dei coralli dai mari: ma questo non può prescindere dalla creazione urgente di regole più stringenti, invocate dalla comunità scientifica, che limitino l'impatto dell'attività umana sugli ecosistemi marini.
Fonte: Planet Inspired
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