Pubblicità online e web reputation, per gli investitori
pubblicitari è ora di cambiare. Un punto comune per tutti i media: la
proprietà del contenuto che diventa, con la tecnologia, il più
importante valore aziendale. Pier Domenico Garrone, su Corriere Comunicazioni.
Pier Domenico Garrone su
Corriere Comunicazioni.
Ogni anno quando si leggono i bilanci delle società come, ad esempio,
quello della Rai, Mediaset, Sky, La7, Repubblica, Class ci si chiede se
la fonte del ricavo principale, la concessionaria di pubblicità, è
locomotiva o vagone del business.
In Italia, internet aveva nel 2010
un impatto pari a euro 31,6 miliardi, in crescita del 10% annuo con una
previsione di raddoppio entro il 2015. Un valore economico che
significa una rivoluzione nella produzione e distribuzione dei programmi
mediatici. Stop alle produzioni solo per la televisione o solo per la
radio. Il format radiotelevisivo diventa App Tv, programma mediatico
dove protagonisti e contenuto si rappresentano e incontrano un pubblico
sempre più informato e coinvolto oltre la “messa in onda”, con
aggiornamenti e servizi a valore aggiunto.
Nuove opportunità di
consumo che coincidono meglio e nel tempo con l’interesse e lo stile di
vita del cliente. Nella carta stampata la nuova forza è data dalla spesa
territoriale di pubblicità che sino a poco tempo fa non avrebbe mai
pensato di potersi ritrovare su media autorevoli. Il cliente cerca e
“compra” credibilità e reputazione e rifiuta l’acquisto del solo spazio
tabellare. Curare la credibilità e la reputazione diventano l’oggetto
dell’attività professionale del comunicatore. La carta stampata
archiviata la farsa della qualificazione sul mercato per tiratura/copie e
preso atto della costante recessione, quasi a 2 cifre, che ogni anno
viene registrata nei bilanci sul numero di copie vendute, ha iniziato a
pensare alla propria webreputation non solo come risposta/proposta al
mercato ma anche per dotarsi di un nuovo, concreto sistema di misura che
riporti i valori economici dei contenuti di proprietà a cifre adeguate
ai costi editoriali che nel frattempo si sono trasferiti dalle rotative
ai social network.
Tutto
questo rilancia la creatività italiana, l’industria
dell’intrattenimento e dell’informazione dove , oggi, i giornalisti sono
costretti ad inseguire la domanda di comunicazione e devono lasciare
spazio a nuove figure professionali, digital native, che ne insidiano la
leadership aziendale.
La crescita quantitativa ha dato il via anche
a sperimentazioni di distribuzione multicanale come meglio preferito
dalla platea del pubblico. L’ascolto dei principali canali generalisti,
quelli di Rai e Mediaset, è precipitato dall’89% al 68% tra il 2001 e
il 2011, a vantaggio di un’offerta verticale sorta con i canali digitali
e la rete internet rispondente ad un pubblico in mobilità per il 75%,
che torna ad apprezzare la radio con i suoi 32 milioni di ascoltatori.
Gli
italiani, di contro, si ritrovano su internet come utenti unici in 27,2
milioni per 1 ora e 32 minuti al giorno, con 21 milioni di account
unici Facebook e 17,9 milioni di utenti unici You Tube. In mobilità
leggiamo i giornali, guardiamo la televisione, ascoltiamo la radio,
rivediamo e cerchiamo in archivio programmi /documenti . “L’Allerta
Media” segnala il bisogno di concessionarie di comunicazione in
sostituzione delle tabellari concessionarie di pubblicità. Questo
scenario incide rivoluzionando i modelli di business delle Tv, della
carta stampata e della radio. Un punto comune per tutti i media: la
proprietà del montenuto che diventa, con la tecnologia, il più
importante valore aziendale. Una nuova regola sarà misurarsi con uno
strumento ad alta computazione tecnologica, oggettivo, qualitativo.
Questa nuova “mediamoneta” sarà coniata dalla web reputation: gli
investitori pubblicitari e finanziari incasseranno credibilità per
accrescere valore con la reputazione di prodotti destinati ad un
pubblico che forma le opinioni su social network, con competenze
disponibili gratuitamente in internet in ambito internazionale.
FONTE:
Corriere Comunicazioni