“Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio è questione antica quanto il Vangelo”. Sul settimanale Panorama Economy un’analisi sulla fede, in chiave economica, di Gian Guido Folloni, Presidente di Isiamed-Istituto Asia Mediterraneo e co-fondatore del blog indipendente Il Comunicatore Italiano.
Dare
a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio è questione
antica quanto il Vangelo. E’ non è mai stata cosa semplice. Altrimenti
la capziosa domanda posta dai Farisei non sarebbe nemmeno stata
formulata. Nei secoli il confine non ha cessato di riproporre il
dilemma. Cosa fare di quel soldo? Come usarlo? Inquietante il fatto che
la cassa degli Apostoli la tenesse Giuda. Ma anche che Pilato, che
riscuoteva per conto di Cesare, alla fine se ne lavò le mani,
consegnando a coloro che avevano fatto la domanda colui che aveva dato
la risposta: crocefisso. Anche oggi la confusione è tanta. Il criterio
dato allora non è poi così male: “di chi è l’effige”? A patto di non
fare come Pilato e ignorare che la missione della Chiesa non merita di
essere crocefissa. Capire di cosa si parla è il punto di partenza.
Intanto,
per stare all’Italia, è opportuno distinguere tra le due sponde del
Tevere. Una cosa è il Vaticano, Stato estero ancorché entro il
territorio italiano, altra cosa sono le opere facenti capo ai Vescovi
italiani.
Andiamo con ordine, partendo dalla Santa Sede.
Lo IOR
(Istituto Opere di Religione): ha sede in Vaticano e da lì opera in
tutto il mondo. Non fa prestiti. Non emette assegni propri. Il suo scopo
è far fruttare i patrimoni di tutto il mondo raccolti e provenienti da
diocesi, parrocchie, ordini, enti e privati con finalità religiose. Una
parte delle rendite è devoluta al Papa. Fu pietra dello scandalo ai
tempi di Sindona e Marcinkus. Riorganizzato da Angelo Caloia investe
soprattutto in obbligazioni.
L’Obolo di san Pietro è l’aiuto
economico offerto dai fedeli direttamente al Papa. In passato si
raccoglieva nelle chiese durante la festa dei santi Pietro e Paolo. Oggi
può essere versato tutto l’anno, anche da casa con carta di credito.
PSA (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica). L’ufficio è retto da un cardinale (
Domenico Calcagno). Amministra i beni (immobili e no) della
Santa Sede e fornisce i fondi necessari al funzionamento della
Curia romana. Svolge anche la funzione di
banca centrale della
Santa Sede anche se tanti questo ruolo lo assegnano erroneamente allo IOR.
Governatorato dello Stato Città del Vaticano. Si occupa del governo
della Città del Vaticano (potere esecutivo). E’ presieduto da un
cardinale (Giuseppe Bertello). Sovrintende all’amministrazione ed alla
maggior parte delle funzioni pubbliche della
Città del Vaticano. Rappresenta lo Stato in vece del Papa.
In
Italia si deve fare riferimento all’Istituto italiano per il
sostentamento del Clero. Ente ecclesiastico, è dotato di personalità
giuridica canonica e civile. Fu istituito nel maggio 1985 in base
all’accordo di revisione del Concordato del 1929 intervenuto tra la
Santa Sede e
la Repubblica
italiana nel 1984. La revisione abolì la Congrua, lo stipendio che lo
Stato italiano pagava ai sacerdoti a riconoscimento delle funzioni di
culto svolte ed a compensazione degli espropri di molti beni dello Stato
Pontificio fatti con l’unificazione dell’Italia. Oggi ai sacerdoti
l’Istituto per il sostentamento del Clero versa un’integrazione di
quanto ricevuto dalle parrocchie e dagli enti da cui dipendono.
L’Istituto è liberamente finanziato dai cittadini italiani attraverso 2
canali: la devoluzione proporzionale dell’8% della massa IRPEF( per
scopi d’interesse sociale e umanitario); le oblazioni (fiscalmente
detraibili) versate direttamente dai cittadini all’Istituto.
L’Istituto centrale collega, coordina e controlla 226 istituti diocesani.
Ci
sono, poi, gli Ordini religiosi (maschili e femminili). Hanno autonomia
patrimoniale, secondo gli statuti dei fondatori. Il loro patrimonio è
normalmente orientato al no profit.
Il patrimonio che sta in Italia è
vasto e fa capo tanto al Vaticano quanto a Vescovi e Congregazioni:
Chiese, conventi, seminari, edifici abitativi, case generalizie e
d’accoglienza, residenze di prelati, case parrocchiali, oratori. Ecco
esplodere le polemiche su esenzione ICI , su fiscalità agevolata e
l’attività commerciale che intreccia quelle propriamente religiose,
esentate proprio alla stipula dei Patti concordatari.
E se si fa
business? E giusto pagare il tributo allo Stato. Certo, ma esenzioni e
fiscalità agevolate sono previste per soggetti ed enti non solo
religiosi.
Ci sono preti e frati che vanno fuori dal seminato?
Monti si muove per fare chiarezza. La norma è l’”Atto Senato 3110”: dal
2013 si sciolgono le ambiguità. Entro 60 giorni arriverà il decreto
attuativo. Bene che la Chiesa, di qua e di la dal Tevere, collabori.
Cosa dare a Cesare oggi del denaro che opera sotto l’azione di prelati,
chierici, frati, monache e padri missionari? Il criterio riconosciuto
in tutto il mondo è l’esenzione dal tributo delle attività no profit,
per le finalità d’interesse sociale e umanitario. Comprendono sia
l’azione pastorale che quella assistenziale e caritativa. Riconosco il
servizio reso ai credenti, ma anche quelli resi in generale ai
cittadini: le Caritas per esempio. Servizi di cui altrimenti dovrebbe
farsi carico lo Stato.
“Quante divisioni ha il Papa?”, si chiedeva
irridente Stalin. Non ignorava che milioni di preti, frati e monache
erano un esercito, ma sapeva che erano schierati per una missione
diversa dalla guerra. Quanti soldi muove la fede? Per quale finalità
sono spesi? Ecco il confine di oggi di quella vecchia domanda di duemila
anni fa. Ci sono fedifraghi e malandrini? Probabile. Ci sono sempre
stati e ci sono in tutte le famiglie. Poi, anche oggi ci sono farisei,
mangiapreti e scopritori di presunti misteri, vaticanleaks e corvi. Non
mancano mai.
FONTE: Il Comunicatore Italiano