«Fino a quando si consentirà al crimine organizzato e a qualche subdolo amministratore di accumulare ricchezze rubandoci la gioia del mare, la qualità dell'aria, la bontà dell'acqua, il sapore della terra?». Con queste parole del prefetto Antonio Ruggiero, già commissario delegato per l'emergenza ambientale nella regione Calabria, si apre il libro di Nicola Giovanni Grillo Rifiuti S.p.A. fra ecomafia e mafia delle autorizzazioni (Geva Edizioni, pp. 128, € 9,50) che l'autore, addetto ai lavori, ha scritto di recente, utile strumento per meglio capire anche il vergognoso fenomeno che sta interessando la Campania e il suo capoluogo in particolare. La precedente apertura di testo è seguita da una singolare doppia pagina con due elenchi dove vengono distinte le categorie dei buoni e dei cattivi ai quali è rispettivamente dedicato o non dedicato il libro. Che i rifiuti siano diventati un assai lucroso affare economico lo stiamo comprendendo anche dalle dettagliate cronache di questi giorni; quello che appare meno chiaro – come viene sottolineato nel primo capitolo del testo – è che il business nel nostro paese non è rinchiuso negli stretti confini regionali e, ad esempio, molti dei traffici sui rifiuti cosiddetti nocivi e pericolosi vedono un intreccio perverso tra i luoghi di produzione (regioni del Nord a forte vocazione industriale) e luoghi di smaltimento occulti (le regioni del Sud con le varie ecomafie). Quando si parla di ecomafia si è portati a pensare ad un ramo di affari illecito gestito dalla criminalità organizzata, mentre il concetto è da ritenersi molto più esteso poiché coinvolge la fondamentale attività di funzionari pubblici, importanti settori dell'imprenditoria apparentemente sana e portatrice di lavoro, per finire con il diffuso fenomeno del girare la testa dall'altra parte davanti ad evidenti fenomeni illegali che investono politica e magistratura. Le figure interessate nella gestione dei rifiuti sono diverse, tra le principali si ricordano: il produttore, il detentore, il trasportatore, l'intermediario, il gestore dello stoccaggio, trattamento o discarica definitiva.
Il ruolo dei funzionari pubblici: la mafia delle autorizzazioni
A queste figure professionali si aggiungono tecnici esperti e consulenti anche se l'accentramento del potere, secondo l'autore, risiede negli uffici addetti alle autorizzazioni per le varie società di smaltimento dove si fa dell'interpretazione normativa e del proprio ruolo – spesso di semplici burocrati elevati a persone di grandissimo potere – la chiave risolutiva per comprendere alcuni dei mali dello smaltimento dei rifiuti nel nostro paese. Il proliferare di norme, regolamenti, circolari, la confusione generata da una continua emergenza, rappresentano il brodo di coltura dove crescono i guasti e i mali della cattiva gestione dei rifiuti. E nelle pieghe del commissariamento delle regioni del Sud si annida una delle debolezze del sistema che permette ai rifiuti speciali di viaggiare da Nord a Sud, partire nocivi e diventare normali, attraverso la falsificazione dei documenti di viaggio, la corruzione e un esercito di criminali ambientali per poi lasciare territori devastati e mai bonificati, magari per mancanza di fondi. L'autore sottolinea proprio questo aspetto perverso del fenomeno del commissariamento che, essendo straordinario, avrebbe dovuto snellire e favorire le procedure proprio per far fronte ad una situazione di emergenza.
Il fallimento del Commissariamento straordinario
Nasce invece per prassi, accanto alla figura del commissario, una struttura ex novo che non elimina quelle esistenti fatte di personale e mezzi, ma aggiunge, creando una pletora di dipendenti spesso senza risorse, strumenti e funzioni, ma utili per le politiche clientelari del politico di turno che attraverso l'ambiente, specie in periodi pre-elettorali riesce a "sistemare" i suoi clienti. L'autore si sofferma poi, evidenziando una propria esperienza nel settore, sull'iter da seguire per la domanda di autorizzazione per la gestione dei rifiuti; durante questo irto percorso ci si imbatte nei funzionari della pubblica amministrazione davanti ai quali non si può chiedere il rispetto dei propri diritti, pena essere additato tra gli addetti ai lavori come persona scomoda e inaffidabile. Funzionari che tutelano interessi particolari e non generali e qui vengono anche raccontati, senza nomi e cognomi, alcuni casi emblematici come quello del funzionario che suggerisce di implementare la richiesta di autorizzazione con ulteriori tipologie di rifiuti da trattare per poi bocciare il progetto proprio sulla base di quelle modalità di classificazione o come le richieste respinte per la dicitura «[...] i rifiuti recuperati!» invece che «dichiaro che i rifiuti recuperati» per finire poi con il classico lubrificante di tutti i meccanismi inceppati che è la "mazzetta" ai funzionari corrotti che in quel caso firmano e timbrano in un batter d'occhio. Proprio il blocco delle autorizzazioni, ad avviso dell'autore, droga il libero mercato della gestione dei rifiuti, non innesca un sano processo di concorrenza ma, concentrando nei siti di qualche privilegiato i luoghi di smaltimento (o di abbandono) dei rifiuti, di fatto innesca un meccanismo di domanda e offerta che permette ai detentori delle autorizzazioni di fissare un costo molto alto per lo svolgimento della propria attività.
Il controllore e il controllato, stessa entità
In tutto questo quadro, certo poco incoraggiante, si potrebbe sperare almeno nei controlli, ma purtroppo la commistione tra imprese e pubblica amministrazione, i travasi e le consulenze di personale dall'una all'altra rendono perfettamente nullo il potere di controllo, anche perché non sono pochi i casi in cui nella stessa figura ritroviamo controllore e controllato. Prima di chiudere il testo con i ringraziamenti e i non ringraziamenti che fanno il pari con la dedica iniziale, l'autore tiene a sottolineare come insieme allo sconforto davanti ad un tale stato dei fatti – tanto da aver bisogno di forte dosi di autocontrollo per continuare a sopravvivere professionalmente nel settore dei rifiuti – sia viva in lui la consapevolezza che seppur il malaffare sia diffuso, esso per fortuna non è ancora la norma e che tanti fedeli pubblici dipendenti non si rassegnano a vivere in uno stato che pare perdere giorno per giorno la sua caratteristica di paese civile.
Andrea Vulpitta