Dall'avvio della liberalizzazione sono state connesse alla rete
di alta tensione centrali nuove per oltre 35mila megawatt, e ora abbiamo
110mila megawatt (+50% rispetto alla potenza installata a fine 2000).
La liberalizzazione è stata accompagnata dal forte impulso allo sviluppo
della rete di alta tensione di Terna, guidata da Flavio Cattaneo.
Alla fine le bollette elettriche sono rimaste stabili quando i prezzi
impazzivano, a dispetto dei meccanismi anticompetitivi che hanno alzato
molte voci di costo.
Nelle
liberalizzazioni dei mercati l'indice italiano è a metà. È il luogo
comune del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, che invece la persona
razionale sa definire "pieno a quota 49", perché a questa cifra è fermo
l'indice di apertura in Italia. Dove 100 significa che è un mercato del
tutto libero. Dal 2007, ogni anno l'Istituto Bruno Leoni, il "think
tank" della sparuta pattuglia della destra veramente liberista, analizza
l'andamento dell'economia italiana in chiave di concorrenza.
L'Indice delle liberalizzazioni (un volumone di quasi 400 pagine)
quest'anno promuove il settore della corrente elettrica, dove la
competizione è pepata, ma con gradualità – settore per settore – ci sono
segmenti economici che sono liberalizzati in modo mediocre, in modo
pessimo, oppure che sono addirittura monopoli: come il segmento degli
acquedotti, oggetto di un referendum in primavera.
«Esistono due
Italie, una poco liberalizzata e un'altra che non lo è per nulla», e con
questo si spiega «la scarsa crescita economica del Paese», affermava
ieri Alberto Mingardi, presidente dell'Istituto Bruno Leoni, nel
presentare la nuova edizione dello studio.
Le esperienze di politici
e imprese. Massimo Orlandi, amministratore delegato della Sorgenia
(Cir), ricorda la pericolosissima commistione fra politica e lobby
economiche. Commistione (e non sono considerazioni di Orlandi) che nel
segmento elettrico ha prodotto sovraccosti per le bollette dei
consumatori e dissesti nei bilanci di alcune aziende energetiche. Luca
Palermo, amministratore delegato della Tnt post, cita come esempio
l'affidamento al concorrente Poste Italiane di tutto il "servizio
universale", servizio esente da Iva, mentre tutti i competitori devono
pagare fior di Iva.
Il deputato Giorgio Stracquadanio ricorda il
caso dell'approvvigionamento del metano e il settore dei voli, dove per
il 60% degli italiani è strategico avere una compagnia di bandiera e il
60% degli italiani non prende mai l'aereo. «I politici in cerca di
consenso hanno assecondato la richiesta di chi non usa quel servizio»,
dice. E Linda Lanzillotta ricorda l'acqua potabile, dove gli italiani
per un malinteso hanno votato contro la liberalizzazione: per i prossimi
dieci anni gli investimenti per migliorare la qualità del servizio
idrico saranno bloccati, perché il sistema pubblico – ricorda
Lanzillotta – non ha soldi e i capitali privati ne sono stati espulsi.
I dettagli. Il mercato elettrico è quello che ha fatto meglio (72 punti
nel 2001 contro i 63 del 2007), seguito dai servizi finanziari (69
punti), mentre la televisione è scesa da 70 a 62 punti. In calo anche il
trasporto aereo (da 66 a 62 punti) e quello ferroviario (da 49 a 36
punti), che insieme ai servizi autostradali (28 punti) e a quelli idrici
(19 punti), fa da fanalino di coda. In crescita invece i servizi
postali (da 37 a 46 punti).
Come osserva Carlo Stagnaro, che ha
coordinato la ricerca, «se fino a non molto tempo fa gli italiani
parevano relativamente favorevoli al mercato, il referendum “contro la
privatizzazione dell'acqua” sembra certificare un cambiamento di
paradigma. La retorica referendaria, sia sull'acqua sia più in generale
sui servizi pubblici locali, e la schiacciante vittoria dei sì hanno
frenato qualunque prospettiva per privatizzazioni e liberalizzazioni».
Hanno paura del mercato gli italiani e i politici, i quali ambiscono il
voto. Eppure, non ci sono liberalizzazioni buone o cattive, ma
liberalizzazioni fatte bene o fatte male. Un esempio nel segmento
elettrico. Dall'avvio della liberalizzazione sono state connesse alla
rete di alta tensione centrali nuove per oltre 35mila megawatt, e ora
abbiamo 110mila megawatt (+50% rispetto alla potenza installata a fine
2000). La liberalizzazione è stata accompagnata dal forte impulso allo
sviluppo della rete di alta tensione di
Terna.
Alla fine le bollette elettriche sono rimaste stabili quando i prezzi
impazzivano, a dispetto dei meccanismi anticompetitivi che hanno alzato
molte voci di costo.
ENERGIA L'effetto positivo arriva dal rigassificatore di Rovigo
Il segmento del metano ha una liberalizzazione modesta ma un'evoluzione
interessante. Secondo l'Istituto Bruno Leoni, un'accelerazione alla
concorrenza è venuta dal nuovo terminale di rigassificazione realizzato
al largo del delta del Po. Però le importazioni, i metanodotti e gli
stoccaggi sotterranei di gas restano sotto il controllo strategico
dell'Eni (anche se ci sono altri operatori), azienda che continua ad
accrescere il ruolo sul mercato. Nel frattempo nel settore della vendita
ai clienti le aziende locali del gas hanno subito un processo di
concentrazione fortissimo. In altre parole, si è sostanzialmente
conservatala struttura monopolistica presente prima dell'avvio del
processo di liberalizzazione, e addiritturai monopoli locali si sono
rafforzati. A titolo di confronto, il numero delle aziende locali di
distribuzione e vendita del metano si è più che dimezzato, passando da
504 a 215. Sono scomparse soprattutto le aziende grandi (che si sono
fuse tra loro, come nel caso di A2A nata dalla fusione tra Aem Milano e
Asm Brescia), diventate più grandi ancora, e le piccolissime, che invece
non hanno saputo reggere la competizione e sono state "fagocitate".
TRENI Aprire di più il trasporto ferroviario nelle Regioni
ll caso di Arenaways è indicativo. Il fallimento del progetto di fare
competizione alle Fs ha fatto sbollire le velleità di chiunque volesse
investire per competere. Secondo l'imprenditore Giuseppe Arena, che
continuava a perdere passeggeri, il fallimento della società dichiarato
quest'estate è dovuto ai vincoli che hanno reso impossibile l'attività
imprenditoriale.
Di sicuro, sottolinea l'analisi dell'Istituto Bruno
Leoni, nel settore ferroviario una legge del 2009 ha dato forti spazi
di manovra a Trenitalia. Per esempio, elenca la ricerca, ci sono i
sussidi per i servizi regionali: mentre i contributi complessivi alle Fs
si ridimensionano, quelli regionali si rafforzano. Un caso: in Lazio i
contributi pubblici sono strutturati in modo da incentivare «ad avere
ricavi di mercato non elevati e costi aziendali elevati al fine di
massimizzare i sussidi».
Nel complesso l''indice del settore
ferroviario perde 5 punti, passando dal 41% a136 per cento. Concorrenza
forte invece per le linee ad alta velocità, che strappano clienti
all'aeroplano e all'autostrada.
POSTE Recepita la direttiva Ue ma la strada è ancora lunga
Nel mondo, liberalizzare significa rimuovere gli ostacoli che
impediscono a un'impresa di entrare in un mercato. Secondo l'Istituto
Bruno Leoni, nel caso della "liberalizzazione" delle Poste Italiane si è
trattato di «sostituzione dei vincoli normativi che impediscono il
libero accesso aun mercato con ostacoli di differente natura ed
equivalente efficacia».
In altre parole, la liberalizzazione del
settore in Italia cresce perché è entrata in vigore laterza direttiva
europea sulle poste, ma l'applicazione è parziale.
Bisogna però
osservare un aspetto.llmercato postale si è ristretto perché ha subito
la concorrenza devastante dell'elettronica. L'e-mail ha tolto gran parte
della corrispondenza privatae moltissime riviste sono diventate siti
web di informazione. Il primo vincolo all'ingresso di concorrenti è
quindi tecnologico. Però l'Istituto Bruno Leoni osserva per esempio che
il "servizio universale" (cioè obbligatorio e aperto a tutti) è stato
dato interamente per 15 anni alle Poste Italiane, «senza l'utilizzo
diprocedurea evidenza pubblica» e con l'esenzione dall'Iva, non data ai
concorrenti.
Fonte: Sole24Ore